Con ordinanza depositata il 3 aprile 2014, la Corte di cassazione ha disposto il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea per l’interpretazione degli artt. 49 e ss. e 56 ss. del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea e ha dichiarato manifestamente infondati i profili di prospettata incompatibilità della nuova con i principi posti dai citati artt. 49 e ss. e 56 e ss. del T.F.U.E. 


                                                                            OSSERVA
A) Il fatto
1. Con ordinanza del 23/09/2013 il Tribunale del riesame di Frosinone ha rigettato la richiesta di riesame presentata avverso il decreto di convalida di perquisizione e sequestro adottato dal P.M. presso il Tribunale di Frosinone di alcune attrezzature informatiche per la ricezione e la trasmissione di scommesse sportive o su altri eventi nei confronti di **** **** quale prestatrice di servizio in Italia della ****bet Malta Ltd. per il reato di cui all'art. 4, commi 1 e 4 bis, I. n. 401 del 1989 in relazione all'art. 37 della I. n. 388 del 2000 e all'art. 88 T.u.l.p.s.
Infatti, in data 27/08/2013, personale del nucleo mobile della Guardia di Finanza di Frosinone aveva proceduto ad un controllo amministrativo nell'agenzia gestita da **** **** ed esercente attività di "altre elaborazioni elettroniche di dati", riscontrando la mancanza dell'autorizzazione di cui al predetto art.88 e aveva così proceduto al sequestro in questione poi convalidato dal P.M..
2. Ha presentato ricorso **** **** lamentando violazione di legge nonché carenza ed illogicità della motivazione.
Premesso che **** Malta è munita di licenza e autorizzazione nello Stato in cui ha sede legale e che sussistono ancora ostacoli alla partecipazione della stessa alle gare indette dall'amministrazione autonoma dei monopoli di Stato (AAMMS), contenendo le ultime procedure di gara gli stessi limiti e vincoli già censurati dagli organi giudiziari nazionali e comunitari, osserva in particolare che il d.l. 02/03/2012 n. 16 e la relativa documentazione attuativa non realizzano il fine, dichiaratamente perseguito, dell'adeguamento dell'ordinamento di settore ai principi stabiliti dalla sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea nelle cause **** e **** per porre rimedio alla illegittima esclusione di **** dalle precedenti gare del 1999 e del 2006 rilevando come il Consiglio di Stato, con la sentenza del 20/08/2013 n. 4199, intervenuta su impugnazione avverso sentenza del Tar Lazio che aveva rigettato il ricorso presentato contro il provvedimento di mancato annullamento o revoca delle concessioni rilasciate nonché la richiesta di sospensione della gara prevista dal decreto-legge stesso, ha sollevato questione pregiudiziale comunitaria sulla nuova normativa della gara del 2012.
Dopo avere diffusamente riepilogato le vicende normative, amministrative e giudiziarie che hanno interessato sino ad oggi in particolare la disciplina dell'esercizio della raccolta delle scommesse e ricordato quanto in particolare accaduto con riferimento al trattamento discriminatorio operato dalla attuazione di tale disciplina nei confronti di **** Malta, la ricorrente evidenzia, in primo luogo, che il d.l. n. 16 del 2012 (convertito in legge 26/04/2012 n. 44) ha previsto la indizione di una nuova gara entro il 31 luglio 2012 per l'assegnazione di concessioni di durata limitata a soli tre anni e mezzo a fronte della possibilità, per i vecchi concessionari in scadenza al 30 giugno 2012, di proseguire la attività sino alla data di sottoscrizione delle convenzioni accessive alle nuove concessioni giudicande. Con ciò, e tenendo presente che le concessioni "Coni" hanno avuto una durata di dodici anni e mezzo e quelle affidate dal bando "Bersani" hanno avuto una durata di nove anni, lamenta la discriminazione dovuta alla più ridotta durata posto che i nuovi entrati non sarebbero in grado in un lasso di tempo così breve di ammortizzare i costi e gli investimenti sostenuti a fronte degli altri concorrenti che da numerosi anni hanno acquisito le posizioni migliori e più consolidate. Inoltre, nello schema di convenzione del bando in oggetto, sono state riproposte fattispecie di decadenza e revoca della concessione analoghe a quelle previste dai bandi "Bersani" e già censurate dalla Corte di Giustizia. Aggiunge che il Consiglio di Stato, con la decisione già ricordata, ha sottoposto alla Corte un doppio quesito inteso a chiarire la sussistenza o meno della incompatibilità con gli artt. 49 e 56 del Trattato e con i principi già affermati dai giudici europei di concessioni di durata inferiore a quelle rilasciate in passato; pertanto la nuova gara, anziché sanare l'originaria e consolidata situazione di contrasto della normativa italiana con la disciplina comunitaria, avrebbe rafforzato le preesistenti distorsioni concorrenziali.
Evidenzia in particolare: 1) l'avvenuta indizione di nuova gara senza la preventiva revoca di tutte le illegittime concessioni acquisite in virtù delle precedenti procedure, revoca, invece, obbligata posto che non era più possibile, come avvenuto con il decreto "Bersani" ritenuto poi illegittimo, optare in alternativa per la messa a concorso di un numero adeguato di nuove concessioni, essendo il mercato ormai saturato dalla presenza di più di 14.000 concessioni illegittime; 2) la violazione del principio della parità di trattamento essendo stati gli aspiranti concessionari che intendano accedere per la prima volta al sistema italiano posti in condizioni svantaggiate rispetto ai concessionari già operanti per effetto di concessione "Coni" e di concessione "Bersani", stante la più breve durata del rapporto, la possibilità di raccolta delle scommesse solo, a differenza del passato, presso negozi aventi come attività esclusiva la commercializzazione dei prodotti di gioco pubblico, il divieto di cessione della titolarità della concessione e la previsione della cessione a titolo gratuito all'Amministrazione dei Monopoli o altro concessionario individuato dell'uso di tutti i beni materiali e immateriali di proprietà; 3) la previsione, nello schema di convenzione, delle situazioni determinanti la revoca, la sospensione e la decadenza della concessione per effetto delle quali ****, proprio in ragione del contenzioso anche penale che l'ha coinvolta, sarebbe esposta al rischio della decadenza e revoca delle concessioni eventualmente conseguite con vanificazione dell'effetto di utilità della sua partecipazione alla selezione, sicché, in definitiva, se **** avesse partecipato alla nuova gara, si sarebbe trovata di fronte all'alternativa tra rinunciare ad esercitare e/o interrompere in Italia l'attività di impresa transfrontaliera attraverso la propria rete di C.t.d. oppure non rinunciarvi, esponendosi però con quasi certezza alla decadenza dalle concessioni eventualmente conseguite; 4) la intervenuta proroga delle concessioni "Coni" senza soluzione di continuità non motivata da alcuna esigenza imperativa di interesse generale ed avente soprattutto la finalità di salvaguardare gli investimenti e le posizioni acquisite dai relativi concessionari. Dunque, **** non ha partecipato alla nuova gara non già per effetto di una soggettiva valutazione imprenditoriale ma perché la partecipazione non sarebbe stata di per sé utile in quanto inidonea a sanare le pregresse discriminazioni e foriera di nuovi illegittimi aggravi.
La ricorrente ha chiesto comunque, in via gradata rispetto all'accoglimento del ricorso, che questa Corte proponga questione pregiudiziale davanti alla Corte di Giustizia CE ai sensi dell'art. 267, ultimo comma, del Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea (ex art. 234 del Trattato CE).
2.1. In data 30/01/2014 la ricorrente ha presentato memoria difensiva con cui ha reiterato gli argomenti suddetti rappresentando altresì come plurimi giudici di merito abbiano già proceduto a disapplicare, per permanente contrasto con i principi comunitari, la norma contestata.

B) La disciplina nazionale
1. Le attività di raccolta e di gestione delle scommesse sono, secondo la disciplina amministrativa italiana, esercitabili solo da soggetti che abbiano ottenuto, al termine di una pubblica gara, una delle concessioni di cui lo Stato fissa il numero complessivo; ulteriore presupposto per l'esercizio di detta attività è rappresentato dal previo rilascio di una autorizzazione di polizia disciplinata dal r.d. 18/06/1931, n.773 (cosiddetto "Testo Unico delle leggi di Pubblica Sicurezza").
1.1. Il sistema di concessione per le scommesse su manifestazioni sportive si fonda sulle disposizioni contenute nel d. Igs. 14 aprile 1948, n. 496 e in alcune disposizioni di successive leggi finanziarie (art. 3, comma 229 della I. 28 dicembre 1995, n. 594; art. 3, comma 78 della I. 23 dicembre 1996, n. 662; art. 37 della I. 23 dicembre 2000, n. 388) che hanno fissato un regime di monopolio in favore dello Stato e attribuito esclusivamente al C.O.N.I. (Comitato Olimpico Nazionale Italiano) e all'U.N.I.R.E. (Unione Nazionale per l'incremento delle Razze Equine) la facoltà di assegnare le concessioni in materia di organizzazione e raccolta delle scommesse.
Successivamente, con il d.l. 8 luglio 2002, n. 138, convertito dalla I. 8 agosto 2002, n. 178, le competenze in tema di scommesse sono state unificate e riservate all'Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato.
Con la legge finanziaria per l'anno 2003, ovvero la I. 27 dicembre 2002, n. 305, art. 22, comma 11, le limitazioni relative all'azionariato delle società quotate, che sono state oggetto di osservazioni critiche da parte di sentenze della Corte di Giustizia CE (ed in particolare della sentenza del 21/10/1999, Zenatti), hanno conosciuto una significativa modifica, nel senso che è stato permesso a tutte le società di capitale, qualunque ne sia la struttura, di partecipare alle gare per l'attribuzione delle concessioni.
Con l'art. 14 ter del d.l. 14 marzo 2005, n. 35, convertito dalla I. 14 maggio 2005, n. 80, è stata soppressa la disciplina, vigente all'epoca delle gare effettuate nel 1999, che non consentiva ai titolari di concessione di operare mediante terzi soggetti a tal fine delegati (d.P.R. 08/04/1998, n. 169 e d.m. 02/06/1998, n. 174).
Successivamente, con il d.l. 04/07/2006, n. 223, convertito dalla I. 04/08/2006 (c.d. decreto "Bersani") si è previsto che l'attività di raccolta del gioco possa essere effettuata anche da parte "degli operatori che esercitano la raccolta del gioco presso uno Stato membro dell'Unione Europea, degli operatori di Stati membri dell'Associazione Europea per il libero scambio e anche degli operatori di altri Stati, solo se in possesso dei requisiti di affidabilità definiti dall'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato" (art.38, comma 2, di modifica dell'art. 1, comma 287 lett. b) della I. 30/12/2004, n. 311) e si è determinato il numero massimo di nuovi punti vendita per comune (art.38, comma 2, di modifica dell' art. 287, lett. e) l.cit.) nonché fissate le distanze minime dai punti vendita già esistenti (art.38, comma 2, di modifica dell'art. 287, lett. f e g) I. cit.).
Al "decreto Bersani" hanno poi fatto seguito specifiche disposizioni tecniche di attuazione volte a disciplinare i bandi di gara e a fissare requisiti e condizioni di natura contrattuale.
1.2. Al sistema di concessione fin qui delineato si collega, come già anticipato, un diverso sistema di controllo, disciplinato dal r.d. 18/06/1931, n. 773 (Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza), ed in particolare dall'art. 88, come modificato dalla I. 22/12/2000, n. 388, art. 37, comma 4, secondo cui "La licenza per l'esercizio delle scommesse può essere concessa esclusivamente a soggetti concessionari o autorizzati da parte di Ministeri o altri enti ai quali la legge riserva la facoltà di organizzazione e gestione delle scommesse, nonché a soggetti incaricati dal concessionario o dal titolare di autorizzazione in forza della stessa concessione o autorizzazione".
Tale regime trova, poi, nell'art. 11 del medesimo decreto, una disciplina generale circa i requisiti soggettivi delle persone richiedenti, così che le autorizzazioni di polizia possono essere negate a chi abbia riportato una condanna per delitto non colposo con pena superiore a tre anni di privazione della libertà personale e non abbia ottenuto riabilitazione; a chi sia stato sottoposto a misura di prevenzione personale, o sia stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza; a chi abbia riportato condanna per alcuni reati, specificamente indicati.
Il sistema è completato altresì da disposizioni di carattere penale; sanzioni specifiche in materia di scommesse e gioco d'azzardo ed a tutela della correttezza nello svolgimento delle manifestazioni sportive sono previste dalla I. 13/12/1989, n. 401, art. 4, come modificata dalla I. 23/12/2000, n. 388, art. 37, comma 5. In particolare, per quanto qui interessa, il comma 4 bis (introdotto con la I. n. 388 del 2000) stabilisce che le sanzioni sopra indicate sono applicate "a chiunque, privo di concessione, autorizzazione o licenza ai sensi del r.d. 18 giugno 1931, n. 773, art. 88, approvato con R.D. 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni, svolga in Italia qualsiasi attività organizzata al fine di accettare o raccogliere o comunque favorire l'accettazione o in qualsiasi modo la raccolta, anche per via telefonica o telematica, di scommesse di qualsiasi genere da chiunque accettate in Italia o all'estero."

C) Le pronunce della Corte dì Giustizia
1. Il sistema riassuntivamente descritto sopra è stato progressivamente inciso dalla necessità di una interpretazione della relativa disciplina in termini uniformi rispetto ai principi di natura sovranazionale : dopo che, già con sentenza del 06/03/2007, in cause riunite C 338/04 e altre, Placanica e altri, la Corte di Giustizia aveva ritenuto la disciplina tecnica regolatrice della raccolta di scommesse segnatamente posta in relazione ai bandi di gara "Coni" del 1999 in contrasto con i principi del Trattato CE, la stessa Corte di Giustizia dell'Unione Europea, a seguito di questione pregiudiziale proposta da questa Corte, con la sentenza del 16/02/2012 pronunciata nelle cause riunite C - 72/10 e C- 77/10, **** e ****, riteneva nuovamente la disciplina nel frattempo ulteriormente varata (segnatamente quella discendente dal già menzionato d. I. n. 223 del 2006 cosiddetto "Bersani" convertito in legge n. 248 del 2006), in contrasto, sotto alcuni profili, specificamente con gli artt. 43 e 49 del Trattato CE nonché con i principi di parità di trattamento e di non discriminazione a motivo della nazionalità.
In particolare la Corte, con detta ultima pronuncia, dovendosi qui dare per conosciute le relative argomentazioni, affermava, essenzialmente, che gli artt. 43 CE e 49 CE dovevano interpretarsi nel senso di ostare : 1) a che lo Stato membro, che intendesse porre rimedio a precedente violazione dei principi del Trattato, "proteggesse le posizioni commerciali acquisite agli operatori esistenti prevedendo in particolare determinate distanze minime tra gli esercizi dei nuovi concessionari e quelli di tali operatori esistenti"; 2) a che venissero applicate sanzioni a persone che operano senza concessione o autorizzazione che fossero legate a un operatore che era stato escluso da una gara in violazione del diritto dell'Unione qualora la nuova gara e le nuove assegnazioni non avessero effettivamente rimediato all'illegittima esclusione di detto operatore dalla precedente gara; dovevano inoltre interpretarsi nel senso di richiedere, unitamente ai principi di pari trattamento, di trasparenza e di certezza del diritto, che le norme comportanti decadenza di concessioni dovessero essere formulate in modo chiaro, preciso e univoco, spettando al giudice del rinvio verificare ciò.
1.1. Allo stesso tempo, tuttavia, si traeva da detta pronuncia come dovesse restare ferma la legittimità di un sistema volto a subordinare l'esercizio di un'attività economica (in essa compresa quindi quella di raccolta delle scommesse) all'ottenimento di una concessione e a prevedere varie ipotesi di decadenza della concessione sulla base di motivi imperativi di interesse generale, quali gli obiettivi di tutela dei consumatori, di prevenzione delle frodi e dell'incitamento dei cittadini ad una spesa eccessiva legata al gioco, nonché di prevenzione di turbative dell'ordine sociale in generale (sentenza **** e **** cit., punti 70 e 71 nonché, in precedenza, sentenza Placanica e a., cit., punti 45, 46 e 48).
Doveva quindi intendersi, in altri termini, avere la Corte di giustizia riconosciuto la legittimità in sé di un sistema, quale quello italiano, fondato sul rilascio di concessioni, a loro volta presupposto per richiedere l'autorizzazione di polizia, essendosi le censure appuntate, piuttosto, sulle modalità e sulle condizioni di partecipazione alle gare previste, in detto sistema, nei confronti di operatori stranieri; di talché, ove la nuova gara fosse stata bandita ed attuata con modalità e previsioni tali da rimediare alle pregresse violazioni e da evitare di porre l'operatore straniero in posizione deteriore, il sistema concessorio - autorizzatorio avrebbe operato pienamente nei confronti della generalità degli operatori.
Di qui, del resto, l'affermazione di questa Corte in ordine alla mancanza, fatti salvi i casi di sanzioni applicate a soggetto già illegittimamente escluso dalle gare in violazione del diritto dell'Unione, di un contrasto, con le norme del Trattato, de "la normativa nazionale che sottopone a concessione ed autorizzazione di polizia la raccolta di scommesse" essendo la stessa finalizzata alla tutela di interessi di ordine pubblico quali, tra gli altri, la limitazione e il controllo del giuoco d'azzardo e l'impedimento alle infiltrazioni della criminalità organizzata e ad operazioni di riciclaggio (Sez. 3, n. 18767 del 16/05/2012, Ferraro, Rv. 252634).

D) Le pronunce della Corte di Cassazione
A seguito della citata pronuncia "**** e ****", questa Corte procedeva dunque, in una serie di procedimenti riguardanti soggetti operanti in Italia per conto di operatori stranieri (tra cui la "**** **** ****Ltd") cui la licenza di polizia era stata negata per illegittima esclusione dalle gare e/o per mancata partecipazione ad esse a causa della non conformità, nell’interpretazione appunto data dalla Corte di giustizia CE, del regime concessorio interno agli artt. 43 e 49 del Trattato CE, a disapplicare la disciplina di cui all'art. 4 della I. n. 401 del 1989 e ad annullare, così, senza rinvio i provvedimenti cautelari e non fondati sulla configurabilità del reato di raccolta di scommesse non autorizzata (v., tra le altre, Sez. 3, n. 28413 del 10/07/2012, ****, Rv. 253241; Sez. 3, n. 8062/13 del 20/09/2012, Capaccio, non massinnata; Sez. 3, n. 48817 del 20/09/2012, Giannico, non massimata; Sez. 3, n. 48816 del 20/09/2012, Porcelli, non massinnata; Sez.3, n. 48815 del 20/09/2012, Abbrescia, non massinnata, tutte riguardanti punti di raccolta per conto la "**** **** ****Ltd.").

E) Il d.l. 2 marzo 2012 n. 16
1. Proprio allo scopo, espressamente dichiarato, di adeguare il sistema normativo nazionale ai principi espressi dalla Corte di Giustizia dell'Unione Europea è dunque intervenuto, nel 2012, il legislatore italiano; segnatamente, con il già menzionato d.l. 02/03/2012, n. 16, convertito in I. 26/04/2012, n.44, è stata prevista, all'art.10, comma 9 octies, al fine di favorire il riordino delle norme in materia di gioco pubblico, incluse quelle in materia di scommesse su eventi sportivi, attraverso un primo allineamento temporale delle scadenze delle concessioni aventi ad oggetto la raccolta delle predette scommesse, con il contestuale rispetto dell'esigenza di adeguamento delle regole nazionali ai principi stabiliti dalla sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea del 16/02/2012 già menzionata, la necessità di bandire una gara per la selezione dei soggetti che raccolgano tali scommesse; e ciò, nel rispetto di criteri predeterminati, tra cui : a) la possibilità di partecipazione per i soggetti che già esercitino attività di raccolta di gioco in uno degli Stati dello Spazio economico europeo, avendovi la sede legale ove operativa, sulla base di valido ed efficace titolo abilitativo rilasciato secondo le disposizioni vigenti nell'ordinamento di tale Stato e che siano altresì in possesso dei requisiti di onorabilità, affidabilità ed economico-patrimoniale individuati dall'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato; b) l'attribuzione di concessioni, con scadenza al 30/06/2016, per la raccolta, esclusivamente in rete fisica, di scommesse su eventi sportivi, anche ippici, e non sportivi presso agenzie, fino a un numero massimo di 2.000, aventi come attività esclusiva la commercializzazione di prodotti di gioco pubblici, senza vincolo di distanze minime fra loro ovvero rispetto ad altri punti di raccolta, già attivi, di identiche scommesse; c) la sottoscrizione di una convenzione di concessione di contenuto coerente con ogni altro principio stabilito dalla citata sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea del 16/02/2012, nonché con le compatibili disposizioni nazionali vigenti in materia di giochi pubblici.
Si è altresì previsto, al comma 9 nonies, che i concessionari per la raccolta delle scommesse in scadenza alla data del 30/06/2012 (ovvero gli aggiudicatari delle concessioni "Coni" del 1999) possano proseguire la loro attività di raccolta fino alla data di sottoscrizione delle concessioni accessive alle nuove concessioni aggiudicande.
Successivamente, si è quindi provveduto alla pubblicazione del predetto bando di gara 2012/S 145-242654 con cui si è disposto, appunto, l'affidamento in concessione di 2.000 diritti per l'esercizio congiunto dei giochi pubblici e a cui, come già premesso, **** Malta non ha partecipato in ragione della ritenuta discriminatoria disciplina nazionale.

F) I presupposti del ricorso
Ciò posto, va rilevato che il provvedimento di sequestro convalidato dal P.M. presso il Tribunale di Frosinone nei cui confronti è stato proposta la richiesta di riesame rigettata dal Tribunale, è intervenuto in relazione alla contestata attività di raccolta di scommesse esercitata da **** **** per conto della **** Malta senza la necessaria autorizzazione di polizia di cui all'art. 88 T.u.l.p.s. così ipotizzandosi il reato di cui all'art. 4, commi 1 e 4 bis, della I. 13/12/1989, n. 401. Emerge infatti dagli atti che la ricorrente ha richiesto detta autorizzazione, essendo tuttavia la stessa stata negata dal Questore di Frosinone in data 14/12/2012 stante la mancanza di concessione quale necessario presupposto; infatti la stessa ricorrente ha evidenziato in ricorso di non avere partecipato ai bandi istituiti, a seguito del d.l. n. 16 del 2012, per il rilascio di concessioni in ragione della natura della disciplina tecnica posta in essere, contrastante con gli artt. 49 e 56 del Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea e discriminatoria nei confronti di chi, come **** Malta, non faccia parte del gruppo dei "destinatari" delle concessioni a suo tempo rilasciate a seguito dei bandi cosiddetti "Coni" del 2000 e "Bersani" del 2006.
Di qui, tra l'altro, l'interesse della ricorrente ad invocare, anche in questa sede, l'illegittimità del diniego dell'autorizzazione ex art. 88 T.u.l.p.s. in ragione del presupposto costitutivo del reato contestato rappresentato dalla mancanza della stessa.

G) La decisione del Tribunale ed il contenuto essenziale delle doglianze della ricorrente
1. Il Tribunale di Frosinone ha rigettato la richiesta di riesame ritenendo di non individuare, nella disciplina ex d.l. n. 16 del 2012 e nel conseguente bando di gara, alcuna violazione delle norme contenute negli artt. 43 e 49 CE, a fronte peraltro della delibazione necessariamente sommaria propria del giudizio di riesame, essendo invece pacifica la mancanza, nella specie, in capo alla ****, sia della concessione sia della licenza del Questore ex art.88 T.u.l.p.s.
2. Come già ricordato in premessa, la ricorrente ha prospettato, al fine di invocare la disapplicazione dell'art.4 cit. e la conseguente non configurabilità, nella specie, del fumus del reato da detta norma previsto, la incompatibilità della disciplina nazionale discendente dal d.l. n. 16 del 2012 convertito nella I. n. 44 del 2012 con i principi segnatamente posti dagli artt. 49 e 56 del Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea, rispettivamente relativi alla libertà di stabilimento e alla libertà di prestazione dei servizi, fondamentalmente sotto quattro diversi profili, ovvero: 1) l'avvenuta indizione di nuova gara senza la preventiva revoca di tutte le illegittime concessioni acquisite in virtù delle precedenti procedure; 2) la violazione del principio della parità di trattamento essendo stati i nuovi aspiranti concessionari posti in condizioni svantaggiate rispetto ai concessionari già operanti per effetto della prevista più breve durata della concessione, dell'obbligo di aprire soltanto agenzie c.d. "pure", del divieto di cessione della concessione e della previsione di obbligatoria cessione, al termine del rapporto, allo Stato o ad altro concessionario da questi individuato, dell'uso dei beni materiali ed immateriali che costituiscono la propria rete; 3) la riproposizione, nello schema di convenzione, di situazioni, già in passato ritenute discriminanti anche da questa Corte, determinanti la revoca, la sospensione e la decadenza della concessione e tali da avere sostanzialmente costretto **** a non partecipare alla nuova gara; 4) la intervenuta proroga delle concessioni cosiddette "Coni" senza soluzione di continuità non motivata da alcuna esigenza imperativa di interesse generale ed avente soprattutto la finalità di salvaguardare gli investimenti e le posizioni acquisite dai preesistenti concessionari.

H) Le considerazioni della Corte
1. Ritiene allora questa Corte che, mentre tutti i restanti profili di prospettata incompatibilità siano manifestamente infondati (in guisa tale, secondo la giurisprudenza dei giudici europei, da non dare adito ad alcun ragionevole dubbio sulla soluzione da dare alla questione e da esimere quindi questa stessa Corte anche da sollevare rinvio pregiudiziale : vedansi Corte Giust., Cilfit, del 06/10/1982 nella causa C 283/81; Corte Giust., Intermodal Transports, del 15/09/2005 nella causa C 495/03), solo il profilo di cui al punto 2) suddetto presenti, in parte, aspetti di novità e di conseguente possibile non compatibilità che non possono non imporre, stante l'incidenza della questione sul profilo del fumus commissi delieti, il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia secondo quanto previsto dall' art. 267 del T.f.u.e. (che, come noto, prevede, salve le deroghe individuate appunto dalla stessa Corte di giustizia, un obbligo in tal senso a carico dell'organo giurisdizionale di ultima istanza).
1.1. Quanto alla mancata previa revoca delle precedenti procedure, quale adempimento che, in affermata conseguenza del decisum della sentenza della Corte di Giustizia in data 16/02/2012 "**** - ****", sarebbe stato necessario per evitare che la nuova gara si ponesse nuovamente in conflitto con i principi comunitari e finisse, dunque, per perpetuare le discriminazioni discendenti dalla disciplina introdotta dalle gare "Bersani", nessuna incompatibilità con i principi comunitari appare, sul punto, rilevabile.
E' la stessa Corte di Giustizia, infatti, nella sentenza appena ricordata, ad avere chiarito, al punto 52, richiamando il precedente proprio arresto del 06/03/2007, in cause riunite C 338/04 e altre, Placanica e altri, che sia la revoca e la redistribuzione delle precedenti concessioni sia la messa a concorso di un numero adeguato di nuove concessioni sono soluzioni "in linea di principio idonee a rimediare, quanto meno per il futuro, all'esclusione illegittima di alcuni operatori, permettendo a questi ultimi di esercitare la loro attività sul mercato alle stesse condizioni applicabili agli operatori esistenti"; la precedente sentenza Placanica aveva infatti chiarito spettare all'ordinamento giuridico interno stabilire le modalità procedurali che garantiscano la tutela dei diritti che gli operatori derivano dall'efficacia diretta del diritto comunitario, a condizione tuttavia che le dette modalità non siano meno favorevoli di quelle che riguardano situazioni analoghe di natura interna (principio di equivalenza) né rendano in pratica impossibile o eccessivamente difficile l'esercizio dei diritti conferiti dall'ordinamento giuridico comunitario.
Deve aggiungersi che la stessa sentenza del 16/02/2012, pur prendendo atto (vedi punto 53) del fatto che gli operatori esistenti abbiano potuto iniziare la propria attività alcuni anni prima degli operatori illegittimamente esclusi, ed abbiano così potuto insediarsi sul mercato con una certa notorietà e con una clientela propria, con conseguente indebito vantaggio concorrenziale, ha unicamente inibito la concessione agli operatori esistenti di "ulteriori" vantaggi concorrenziali rispetto ai nuovi concessionari, posto che solo una tale situazione avrebbe, come conseguenza, quella di perpetuare e di rafforzare gli effetti dell'esclusione illegittima di questi ultimi dalla gara del 1999, in ciò integrandosi una nuova violazione degli articoli 43 CE e 49 CE nonché del principio di parità di trattamento.
Se, dunque, preso atto dell'indebito vantaggio concorrenziale ormai prodottosi, "tanto una revoca e la redistribuzione delle precedenti concessioni quanto la messa a concorso di un numero adeguato di nuove concessioni" sono state indicate dalla Corte di giustizia come soluzioni appropriate, non pare potervi essere dubbio sul fatto che nella specie, è lo stesso numero di nuove concessioni bandite (fino ad un massimo di 2.000) a far ritenere che, nella specie, non fosse necessaria, come preteso dalla ricorrente, la revoca delle precedenti concessioni. La non necessità della revoca delle precedenti concessioni conduce logicamente, allo stesso tempo, a ritenere manifestamente non incompatibile con i principi comunitari la disposta proroga, da parte dell'art. 10, comma 9 novies, del d.l. n. 16 del 2012, delle concessioni cosiddette "Coni" sino alla data di sottoscrizione delle convenzioni accessive alle nuove concessioni.
1.2. Anche il profilo della previsione delle cause di revoca, sospensione e decadenza delle concessioni non appare integrare ictu oculi motivi di incompatibilità con i principi comunitari.
La sentenza della Corte di Giustizia del 16/02/2012, dopo avere premesso che l'esclusione di operatori i cui gestori abbiano riportato condanne penali può in linea di principio essere considerata come una misura giustificata dall'obiettivo della lotta contro la criminalità, e che può ritenersi giustificato adottare misure preventive nei confronti di un operatore di giochi d'azzardo anche solo sospettato, sulla base di indizi concludenti, di essere implicato in attività criminali, aveva affermato, considerata la natura particolarmente grave della misura della decadenza della concessione, la necessità che le circostanze di applicazione di una tale sanzione (tanto più ove accompagnata da previsioni di garanzie pecuniarie e obblighi di risarcimento) fossero enunciate in modo chiaro, preciso e univoco al fine di consentire ad ogni potenziale offerente di valutare con certezza il rischio relativo e altresì per garantire l'assenza di rischi di favoritismo o arbitrarietà da parte dell'amministrazione aggiudicatrice e, infine, per garantire il rispetto del principio di certezza del diritto.
Ciò posto, la Corte aveva quindi affermato, come già visto sopra, che, mentre poteva dirsi funzionale a preservare dette esigenze, la clausola, allora contenuta nell'art. 23, comma 2, lett. a) dello schema di convenzione, relativa alla decadenza con riferimento alle «ipotesi di reato di cui alla legge 19 marzo 1990, n. 55», doveva invece spettare al giudice nazionale verificare se la previsione per cui la decadenza operava anche in relazione a «ogni altra ipotesi di reato suscettibile di far venir meno il rapporto fiduciario con AAMS» potesse essere, nel suo esatto contenuto, compresa dall'aspirante concessionario.
Ora, come già anticipato sopra, la ricorrente pretenderebbe che un vulnus del principio di certezza del diritto nonché della necessità di evitare rischi di favoritismi ed arbitrarietà di sorta discenda, oggi, dalla previsione dell'art. 23, comma 2, dello schema di convenzione secondo cui l'amministrazione ben può procedere alla decadenza della concessione, tra l'altro, "per ogni ipotesi di reato per il quale sia stato disposto il rinvio a giudizio e che AAMS, in ragione della sua natura, della gravità, delle modalità di esecuzione e della connessione con l'oggetto dell'attività affidata in concessione, valuti tale da far escludere l'affidabilità, la professionalità e l'idoneità morale del concessionario". E tuttavia, non vi è dubbio che lo specifico richiamo, in luogo del precedente indistinto riferimento ad ogni ipotesi suscettibile di far venire meno il rapporto fiduciario, da un lato alle ipotesi di "sentenze di condanna passate in giudicato o decreto penale di condanna divenuto irrevocabile oppure sentenza di applicazione della pena su richiesta, ai sensi dell'art. 444 del codice di procedura penale, per reati gravi in danno dello Stato o della Comunità che incidano sulla moralità professionale, ed in ogni caso per i reati citati nell'articolo 38 lettere c), h), del d. Igs. 12 aprile 2006, n. 163" e, dall'altro, alle ipotesi per le quali sia intervenuto, come già visto, il rinvio a giudizio e che siano, al contempo, idonee ad incidere su affidabilità, professionalità e idoneità morale del concessionario, consenta di delimitare con sufficiente precisione le ipotesi di decadenza, e di collegarle altresì ad un oggettivo piano di incidenza sul rapporto con l'amministrazione.
Sicché, in altri termini, l'indeterminatezza che in precedenza accompagnava la formulazione della clausola di decadenza non risulta, oggi, più riproposta, in tal modo venendo dissipate le ambiguità ed incertezze che avevano mosso la Corte di giustizia alla decisione sul punto già considerata.
Né può lamentarsi il carattere discriminatorio di una tale clausola nei confronti di tutti quegli operatori (in particolare ****) che siano stati condannati per l'esercizio della raccolta di scommesse in virtù della assenza di concessione e, conseguentemente, dell' autorizzazione di polizia, determinata dalla illegittima, ed acciarata come tale, esclusione dalle gare bandite sulla base del decreto "Bersani"; da un lato, il carattere necessariamente generale della clausola è evidentemente incompatibile con previsioni di deroghe riferite a singoli procedimenti, e, dall'altro, non può certo essere fatto carico al legislatore o al compilatore delle relative norme tecniche di attuazione di valutare la natura contra legem di rinvii a giudizio o di decisioni di condanna, la cui fondatezza è necessariamente affidata ai rimedi interni al processo penale, tanto più avendo ormai ripetutamente, questa Corte, annullato i provvedimenti dei giudici di merito di condanna o cautelari fondati su un'assenza di autorizzazione determinata, in ultima analisi, dal contrasto con i principi comunitari più volte richiamati. Del resto, a seguire l'assunto della ricorrente, non si comprende quale formulazione dovrebbe avere una previsione che fosse tale da condurre in particolare a non ritenere rilevanti gli eventuali provvedimenti di rinvio a giudizio o di condanna nei confronti di **** se non quella, improponibile per quanto appena detto, espressamente volta ad esentare ad personam la stessa **** od altre in analoga posizione dagli effetti in generale voluti dalla norma.
1.3. Parimenti non fondati appaiono gli assunti volti a sostenere una violazione del principio di parità di trattamento e del principio di libera concorrenza quanto alla natura esclusiva dell'attività di raccolta dei giochi pubblici in capo ai nuovi concessionari (secondo quanto previsto dall'art.2.2 delle Regole Amministrative) e del divieto di cessione della titolarità della concessione (secondo quanto previsto dall'art.10 dello schema di convenzione).
Come già considerato sopra, a partire dalla sentenza "Placanica", la Corte di Giustizia ha infatti individuato nel legittimo obiettivo del controllo su coloro che operano nel settore dei giochi di azzardo allo scopo di prevenire l'esercizio di queste attività per fini criminali o fraudolenti (cfr. punto 57) il criterio di conformità rispetto ai principi comunitari del sistema italiano fondato sulle concessioni; ed a tale obiettivo ben si ricollegano le prescrizioni che, escludendo tout court la possibilità di una cessione della titolarità della concessione, tendano ad evitare l'elusione del controllo fondato, appunto, su ragioni già ritenute legittime. Quanto alla necessità dell'esercizio della raccolta di gioco pubblico in via esclusiva, non si comprende perché una tale previsione, escludendo la possibilità, riconosciuta invece con riguardo alle precedenti concessioni, di esercitare altre attività di carattere accessorio, dovrebbe di per sé integrare una violazione del principio di parità di trattamento, apparendo comunque un tale profilo, prima di tutto, irrilevante rispetto al giudizio devoluto a questa Corte, inerente al sequestro di attrezzature informatiche per la ricezione e trasmissione di scommesse sportive o su altri eventi, e dunque, appunto, per la raccolta di gioco pubblico.
2. Appaiono invece tali, secondo i parametri di giudizio dell'art. 267 del T.f.u.e. già ricordati, da imporre la rimessione alla Corte di Giustizia della relativa questione interpretativa, i profili della compatibilità, con gli artt. 49 e 56 dello stesso T.f.u.e., della previsione di cui all'art.3 dello schema di convenzione già richiamato secondo cui il termine di durata della concessione viene stabilito in tre anni, e della previsione dell'obbligo di cessione a titolo non oneroso, all'atto della cessazione dell'attività per scadenza del termine finale della concessione o per effetto di provvedimenti di decadenza o revoca, ad AAMS o ad altro concessionario da essa individuato con criteri di concorsualità, l'uso dei beni materiali ed immateriali di proprietà che costituiscono la rete di gestione e di raccolta del gioco (secondo la previsione dell'art. 25 dello Schema di Convenzione).
La prima disposizione, imposta dall'art. 10, comma 9 octies lett. b), del d.l. n. 16 del 2012, porrebbe infatti, secondo la ricorrente, i nuovi concessionari in una posizione svantaggiata rispetto sia ai concessionari operanti in virtù delle concessioni "Coni" del 1999 (la cui durata era stabilita in dodici anni) sia ai concessionari operanti in virtù delle concessioni "Bersani" del 2006 (la cui durata era stabilita in nove anni) con una differenza di trattamento che, finendo col garantire ai precedenti concessionari un vantaggio concorrenziale derivante dalla loro presenza già da tempo sul mercato italiano, non sarebbe giustificata da alcuna esigenza imperativa di interesse generale; tale posizione deteriore sarebbe viepiù accentuata, poi, da una previsione che, in maniera del tutto inedita, contemplando un obbligo di cessione dell'uso dei beni costituenti la rete di gestione dell'attività, finirebbe, ancora una volta, per tradursi in un obiettivo ed ingiustificato svantaggio competitivo per i nuovi "entranti".
Ora, se pure deve considerarsi che alla minore durata della concessione rispetto al passato appaiono corrispondere un eguale minore importo del prezzo a base d'asta nonché una minore entità della cauzione provvisoria e di quella definitiva rispetto a quanto stabilito nelle precedenti gare, è anche vero che il profilo della minore durata, non coinvolto sino ad ora, né direttamente, né indirettamente, dalle decisioni della Corte di Giustizia sopra richiamate, appare di per sé direttamente incidere sull'ammortamento dei costi di investimento, sicuramente più svantaggioso per chi sia costretto a partecipare ad una gara indetta per concessioni della durata triennale in competizione con chi abbia avuto a disposizione ben più lunghe durate.
Né la obiettiva penalizzazione sempre sul piano dell'ammortamento dei costi rappresentata da quella che parrebbe essere una "acquisizione" coatta dei propri beni potrebbe essere svalutata sul presupposto della operatività di essa in un momento addirittura successivo alla conclusione del rapporto, non potendo non considerarsi gli effetti anticipati di una tale clausola sul piano della convenienza economica dell'accesso alla gara.

I) I quesiti
Sotto tale complessivo profilo, dunque, appare sussistente un ragionevole dubbio circa la compatibilità di tale minore durata con i principi di cui agli artt. 49 e 56 del Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea.
In definitiva, sospeso il presente processo, gli atti vanno rimessi alla Corte di Giustizia perché si pronunci sui seguenti quesiti :
a) se gli artt. 49 e ss. e 56 e ss. del T.f.u.e., come anche letti dalla sentenza della Corte di Giustizia dell'Unione Europea del 16/02/2012 n. 72, vadano interpretati nel senso che essi ostano a che venga bandita gara riguardante concessioni di durata inferiore a quelle in passato rilasciate, laddove detta gara sia stata indetta all'affermato fine di rimediare alle conseguenze derivanti dall'illegittimità dell'esclusione di un certo numero di operatori dalle gare precedenti;
b) se gli artt. 49 e ss. e 56 e ss. del T.f.u.e. come anche letti dalla suddetta sentenza della Corte di Giustizia dell'Unione Europea, vadano interpretati nel senso che essi ostano a che l'esigenza di allineamento temporale delle scadenze delle concessioni costituisca giustificazione adeguata di una durata delle concessioni poste in gara ridotta rispetto a quella dei rapporti concessori in passato attribuiti;
c) se gli artt. 49 e ss. e 56 e ss. del T.f.u.e. come anche letti dalla suddetta sentenza della Corte di Giustizia dell'Unione Europea, vadano interpretati nel senso che essi ostano ad una previsione di obbligo di cessione a titolo non oneroso dell'uso dei beni materiali ed immateriali di proprietà che costituiscono la rete di gestione e di raccolta del gioco in caso di cessazione dell'attività per scadenza del termine finale della concessione o per effetto di provvedimenti di decadenza o revoca.

                                                                                                                       P.Q.M.
Dispone che, ai sensi dell'art. 267 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, gli atti del presente procedimento vengano trasmessi alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea.
Così deciso in Roma, il 5 febbraio 2014