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Massimario



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REATI CONTRO LA FAMIGLIA

Reati contro il matrimonio – Bigamia – Persona offesa – Reato plurioffensivo.
(C.p., articolo 556)
Nella bigamia, se è pur vero che oggetto specifico della tutela penale prevista dall’articolo 556 del C.p. è l’interesse dello Stato a garantire l’ordinamento giuridico familiare, per quanto attiene all’istituzione del matrimonio monogamico, il reato assume i connotati di reato “plurioffensivo” perché incide sullo status acquisito dal coniuge del primo matrimonio. Pertanto, mentre nel caso di bigamia previsto dall’articolo 556, comma 1 del C.p. persona offesa dal reato è il primo coniuge del bigamo, nell’ipotesi aggravata prevista dal primo capoverso dello stesso articolo sono persone offese tanto il primo quanto il secondo coniuge, poiché quest’ultimo, pur avendo concorso con la sua opera, come coautore materiale, alla realizzazione del delitto (che è reato necessariamente bilaterale), è al tempo stesso vittima dell’inganno posto in essere dall’altro coniuge.
Sezione VI, sentenza 4 dicembre 2008 – 8 gennaio 2009 n. 331 – Pres. e rel. de Roberto; Pm (diff.) Di Casola

SANITA'

Medico – Responsabilità professionale – Posizione di garanzia – Insorgenza – Contenuto – Formalizzazione dell’addebito – Rilevanza dell’accertamento della colpa – Fattispecie in tema di sanitari in servizio in un istituto penitenziario. (C.p., articoli 40 e 43)
L’addebito a titolo di colpa non può essere fondato solo sulla posizione di garanzia, giacché richiede l’accertamento di una condotta concretamente colposa, dotata di ruolo eziologico nella spiegazione dell’illecito. Ciò vale anche in tema di responsabilità professionale del medico, laddove, pur partendosi dal presupposto che l’instaurazione della relazione terapeutica tra medico e paziente crea in effetti la posizione di garanzia e il conseguente obbligo a carico del primo di agire a tutela della salute e della vita del secondo, per fondare l’eventuale responsabilità omissiva del medico occorre sia circoscrivere il contenuto dell’obbligo di garanzia avendo riguardo alla specificità della relazione terapeutica instauratasi (esemplificando: una visita ambulatoriale per un’affezione dermatologica implica una sfera di responsabilità afferente a quello specifico contesto e quindi solo in relazione all’adempimento della prestazione personale richiesta, pur intesa nella sua massima latitudine, potrà eventualmente configurarsi penale la responsabilità per omissione) e ai concorrenti principi di autoresponsabilità, di affidamento e gerarchia che vigono per la valutazione delle singole condotte quando l’illecito si colloca all’interno di organizzazioni complesse. In questa ottica, ai fini dell’affermazione o esclusione della responsabilità del singolo medico occorre analizzare, oltre la specificità della prestazione richiestagli, anche le competenze specialistiche specifiche, il livello di manutenzione del suo percorso professionale, il ruolo esercitato all’interno dell’organizzazione complessa. (Nella specie, relativa a responsabilità professionale affermata per la morte di una detenuta a carico dei sanitari che avevano prestato la loro opera in ambito penitenziario, la Corte ha ravvisato la mancata considerazione da parte del giudice di merito della specifica disciplina di settore, dettata dalla legge 9 ottobre 1970 n. 740 e delineante, tra le altre, le distinte figure del medico incaricato responsabile del servizio e del medico di guardia; per l’effetto, nel rigettare il ricorso proposto nell’interesse del medico responsabile del servizio sanitario del carcere, ha invece rinviato al giudice di merito per migliore approfondimento della posizione e del ruolo dei sanitari che avevano svolto le funzioni di medico di guardia, essendo rimasta inesplorata la circostanza se la paziente fosse stata in concreto affidata alla cura di tali sanitarie ovvero se questi fossero stati chiamati a svolgere attività episodiche e contingenti rispetti a scelte diagnostiche e terapeutiche affidate integralmente al responsabile della struttura).
Sezione IV, sentenza 2 dicembre 2008 – 19 gennaio 2009 n.1866 – Pres. Zecca; Rel. Licari; Est. Blaiotta; Pm (diff.) Galati; Ric(…)

REATO IN GENERE

Reato in genere – impiego di minori nell’accattonaggio – Ravvisabilità del reato di riduzione in schiavitù – Esclusione – Reato di maltrattamenti in famiglia – Sussistenza - Presupposti e condizioni. (C.p., articoli 572 e 671)
Il reato di riduzione in schiavitù e/o servitù può configurarsi anche a carico dei genitori che impieghino i figli nell’accattonaggio, nel furto e in altre attività illecite e ricorre allorquando le forme di assoggettamento del minore di traducano in una integrale negazione della libertà e dignità dello stesso. E’ configurabile il reato di maltrattamento in famiglia quando il genitore consenta o favorisca attività del minore le quali, pur non producendo un completo asservimento del soggetto passivo, siano lesive della sua integrità fisica e psichica e cagionino allo stesso sofferenza morali e materiali.
La contravvenzione di cui all’articolo 671 C.p. è ravvisabile nel caso di un isolato episodio di mendicità con utilizzo di minori, mentre se la condotta sia continuativa e arrechi sofferenze al minore non potrà che ravvisarsi il delitto di cui all’articolo 572 C.p..
(Fattispecie in cui la Corte ha riscontrato il reato di maltrattamenti in famiglia nella condotta di una madre che utilizza il figlio di quattro anni per chiedere l’elemosina ai passanti in modo continuativo e ogni giorno, costringendo a stare in piedi per oltre quattro ore consecutive in periodo invernale e senza che fosse adeguatamente vestito).
Sezione V, sentenza 17 settembre – 28 novembre 2008 n. 44516; Pres. Ambrosini; Rel. Marasca; Pm (parz. diff.); Monetti

LAVORO

Infortuni sul lavoro – Normativa antinfortunistica – Destinatari – Datore di lavoro – Delega – Rilevanza – Svolgimento di fatto delle funzioni delegate – Responsabilità del delegato – Pretesa invalidità della delega – Preteso esonero da responsabilità – Esclusione. (D.P.R. 27 aprile 1995 n. 547, articolo 4; D.Lvo 9 aprile 2008 n. 81, articolo 16)
In materia di infortuni sul lavoro, l’invalidità della delega (nella specie, argomentata dal delegato sul mercato accertamento delle sue qualità tecnico-professionale, della sua accettazione della delega e della facoltà di impegnare la spesa in nome e per conto dell’azienda), laddove sussistente, impedirebbe che il delegante possa essere esonerato da responsabilità, ma non escluderebbe comunque la responsabilità del delegato che, di fatto, abbia svolto le funzioni delegate, e ciò in base al principio di effettività che presiede l’individuazione dei soggetti responsabili del rispetto della normativa prevenzionale. Infatti, il delegato che ritenga di non essere stato posto in grado di svolgere adeguatamente queste funzioni delegate o, a maggiore ragione, che non si ritenga in grado di svolgere adeguatamente queste funzioni, per andare esente da responsabilità deve chiedere al delegante di porlo in grado di svolgerle e, in caso di rifiuto o mancato adempimento, rifiutare il conferimento della delega.
Sezione IV, sentenza 27 novembre – 29 dicembre 2008 n. 48295; Pres. Mocali; Rel. Brusco; Pm (conf.) Salzano; Ric. Libori

PENA

Potere discrezionale del giudice nell’applicazione della pena – Reati contro la vita delle persone – Parametri di valutazione – Gravità del danno – Rilevanza della giovane età della vittima – Illegittimità. (C.p., articolo 133)
In tema di reati che attentano il bene della vita della vittima (nella specie, trattavasi del reato di omicidio colposo), non è accettabile che il giudice, nell’esercizio del potere discrezionale di determinazione della sanzione, nell’apprezzare la gravità del danno, come impostogli dalla’articolo 133 del C.p., gradui la sanzione ritenendo più grave il fatto in ragione della giovane età della vittima, giacché si tratterebbe di un criterio valutativo dal quale dovrebbe inammissibilmente farsi discendere l’inaccettabile conseguenza che, proporzionalmente, l’entità della sanzione sarebbe da determinare in misura minima e comunque meno elevata allorquando la vittima sia una persona anziana, malata, minorata. Da ciò deriverebbe, infatti, l’irragionevole conseguenza di una minore protezione di soggetti che richiedono una accresciuta, solidale difesa.
Sezione IV, sentenza 2 dicembre 2008 – 16 gennaio 2009 n. 1786; Pres. Brusco; Rel. Blaiotta; Pm (diff.) Galati; Ric. Tomaccio e altri.

PROCEDIMENTO PENALE

Istruzione dibattimentale – Provvedimenti del giudice in ordine alla prova – Revoca delle prove superflue – Condizioni – Formalità. (C.p.p., articoli 190 e 495)
Il potere del giudice di revocare l’ammissione di prove superflue in base alle risultanze dell’istruttoria dibattimentale è espressamente previsto all’articolo 495, comma 4, del C.p.p. e ha portata più ampia di quella riconosciuta all’inizio del dibattimento di non ammettere le prove vietate dalla legge e quelle manifestamente superflue o irrilevanti (articolo 495, comma 1, che richiama l’articolo 190 del C.p.p.), in relazione al diverso grado di conoscenza della regiudicanda che caratterizza i due distinti momenti del processo. A tal riguardo, l’obbligo per il giudice di “sentire le parti”, ai fini dell’esercizio del potere di revoca di cui all’articolo 495, comma 4, del C.p.p., non richiede un interpello formale, ma è adempiuto consentendo alle parti l’interlocuzione sull’andamento e sullo sviluppo della fase dibattimentale in corso, senza necessità di specifico annuncio dell’oggetto della possibile decisione in ordine alle prove ex articolo 495, comma 4, del C.p.p..
Sezione VI, sentenza 25 novembre - 30 dicembre 2008 n. 48379; Pres. De Roberto; Rel. Ippolito; Pm (conf.) D’Angelo; Ric. Brettoni

REATI CONTRO IL PATRIMONIO

Furto – Circostanze aggravanti – Mezzo fraudolento – Caratteristiche – Differenze rispetto alla truffa. (C.p., articoli 624, 625, numero 2, e 640)
Il furto aggravato dall’uso del mezzo fraudolento è caratterizzato da un’aggressione unilaterale del reo al patrimonio della persona offesa e l’impossessamento della cosa avviene eludendo, grazie al mezzo fraudolento, la vigilanza del detentore contro la sua volontà. Nella truffa, invece, l’inganno induce la stessa vittima ad “auto danneggiarsi”, nel senso che il trasferimento della cosa avviene con il consenso del soggetto passivo, sia pure viziato dagli artifici e raggiri posti in essere dall’agente. In altri termini, mentre la truffa rientra pur sempre tra i reati commessi con la cooperazione della vittima, il cui consenso all’atto di disposizione patrimoniale è ottenuto mediante “frode”, il furto rientra tra i reati consumati mediante “violenza”, contro la volontà della vittima e quindi con atto aggressivo unilaterale, onde, in caso di uso del mezzo fraudolento, l’azione delittuosa prescinde dall’induzione in errore del soggetto passivo e mira all’impossessamento della cosa mediante l’utilizzo di un mezzo che sorprendeva o soverchi con l’insidia la contraria volontà del detentore, violando le difese e gli accorgimenti che questi abbia apprestato a custodia delle cose.
Sezione IV, sentenza 18 novembre – 19 dicembre 2008 n. 47394;Pres. Mocali; Rel. Brichetti; Pm (conf.) Di Popolo; Ric. Santaniello.

REATI CONTRO L'AMMINISTRAZIONE DELLA GIUSTIZIA

Calunnia – Falsa denuncia di smarrimento di un assegno – Sussistenza – Soggetto passivo - Individuazione. (C.p., articolo 368)
Il reato di calunnia, ravvisabile a carico di chi abbai presentato una falsa denuncia di smarrimento di un assegno bancario pur avendo, invece, quell’assegno consegnato a un terzo per definire un pregresso rapporto debitorio, vede come soggetto passivo solo colui il quale abbia messo all’incasso il titolo, perché il rischio di subire ingiustamente un procedimento penale per i reati di furto o di ricettazione dell’assegno riguarda solo tale soggetto, che si trova a essere formalmente individuato nel circuito negoziale dell’assegno, e non anche eventuali ulteriori soggetti pur sostanzialmente interessati allo stesso affare.
Sezione VI, sentenza 29 ottobre 2008 – 19 gennaio 2009 n. 1871; Pres. De Roberto; Rel. Cortese; Pm (par. conf.) Galasso; Ric. Nicolè

CONTRAVVENZIONI

Contravvenzioni in genere – Incauto acquisto – Caratteristiche – Ricettazione – Differenze. (C.p., articoli 648 e 712)
Con la contravvenzione di cui l’articolo 712 del C.p. si intende punire la mancanza di diligenza nel verificare la provenienza della res quando vi sia una oggettiva ragione di sospetto in ordine alla relativa provenienza. Invece, quando la situazione fattuale, nella valutazione operata dal giudice di merito in conformità alle regole della logica e dell’esperienza, sia tale da far ragionevolmente ritenere che non vi sia stata una semplice mancanza di diligenza, ma una consapevole accettazione del rischio che la cosa acquistata o ricevuta fosse di illecita provenienza, correttamente viene ravvisato l’elemento soggettivo del delitto di ricettazione.
Sezione II, sentenza 28 novembre – 24 dicembre 2008 n. 48051 – Pres. Pagano; Rel. Ambrosio; Pm (conf.) Di Casola; Ric. Barraco.

LAVORO

Infortuni sul lavoro – Normativa antinfortunistica – Ambito di applicazione – Appalto – Responsabilità del committente – Sussistenza.
(D.P.R. 27 aprile 1955 n. 547, articoli 4 e seguenti; D.Lvo 19 settembre 1994 n. 626, articoli 1 e seguenti; D.Lvo 9 aprile 2008 n.81)
In tema di infortuni sul lavoro, neanche la presenza di un contratto di appalto esonera il committente dalle responsabilità connesse alla mancata osservanza degli obblighi imposti dalla legge in materia di sicurezza sul lavoro.
Sezione IV, sentenza 18 settembre – 19 dicembre 2008 n. 47370 – Pres. Marzano; Rel. Foti; Pm (conf.) Bua; Ric. Tempera e altra.

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