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REATI CONTRO L’AMMINISTRAZIONE DELLA GIUSTIZIA

Favoreggiamento personale – Acquirente della sostanza stupefacente che inghiotta la droga – Favoreggiamento dello spacciatore – Non punibilità - Ragione. (C.p., articoli 378 e 384; D.p.r. 9 ottobre 1990 n. 309, articolo 75).
La condotta dell’acquirente della sostanza stupefacente che, all’atto dell’intervento della polizia giudiziaria, inghiotta la bustina di droga appena cedutagli dallo spacciatore, pur astrattamente integrando il reato di favoreggiamento personale nei confronti di quest’ultimo, è comunque condotta non punibile ex articolo 384, comma 1, del C.p., dovendosi rapportare tale comportamento al serio timore, tale da integrare una necessità auto difensiva, di poter subire un nocumento alla sfera della propria libertà personale o del proprio onore in conseguenza dell’applicazione delle sanzioni amministrative di cui all’articolo 75 del D.r.p. 9 ottobre 1990 n. 309.
Sezione VI, sentenza 8 maggio –24 ottobre 2012 n. 41512 – Pres. Agrò; Rel. Paoloni; Pm (diff.) Stabile; Ric. Battiato

SOCIETA’

Responsabilità amministrativa degli enti – Presupposti – Interesse – Nozione - Accertamento. (D.lgs. 8 giugno 2001 n. 231, articolo 5).
In tema di responsabilità amministrativa degli enti, l’articolo 5, comma 1, del decreto legislativo 8 giugno 2001 n. 231 prevede che il fatto, in grado di consentire l’addebito a carico dell’ente, sia commesso dall’autore del reato presupposto nell’interesse o vantaggio dell’ente stesso; mentre il comma 2 dello stesso articolo 5 prevede l’esclusione della responsabilità dell’ente ove il fatto sia stato commesso dalla persona fisica nell’ «esclusivo interesse proprio o di terzi». In particolare, la nozione di interesse esprime la proiezione soggettiva dell’autore (non coincidente, peraltro, con quella di «dolo specifico», profilo psicologico logicamente non imputabile all’ente), e rappresenta una connotazione accertabile con analisi ex ante. È indefettibile onore del giudice motivare al riguardo puntualmente, vuoi perché l’interesse dell’ente condiziona l’addebito a carico del medesimo, vuoi perché, al contrario, l’assenza dell’interesse rappresenta un limite negativo della fattispecie.
Sezione V, sentenza 26 aprile – 15 ottobre 2012 n.40380 – Pres. Ferrua; Rel.Sandrelli; Pm (diff.) Scardaccione; Ric. Sensi

REATI CONTRO IL PATRIMONIO

Furto – Furto di merce in un supermercato – Consumazione – Configurabilità del tentativo - Condizioni. (C.p., articoli56, 624 625)
In tema di furto nei supermercati, costituisce furto consumato e non tentato quello che si commette all’atto del superamento della barriera delle casse con la merce prelevata dai banchi e sottratta al pagamento, a nulla rilevando che il fatto sia avvenuto sotto il costante controllo del personale del supermercato, incaricato della sorveglianza. Infatti, il momento consumativo si realizza già allorché la merce venga dall’agente nascosta in tasca o nella borsa, in modo da predisporre le condizioni per passare dalla cassa senza pagare, comportando tale condotta, oltre alla sottrazione, anche l’impossessamento della cosa (non importa se per lungo o per pochi secondi); mentre in questa prospettiva il superamento della barriera delle casse, manifestando la volontà di non pagare, opera più sul piano della prova, che su quello dell’integrazione del reato.
Sezione V, sentenza 30 marzo – 24 luglio 2012 n. 30283 – Pres. Ferrua; Rel. Savani; Pm (conf.) Fraticelli; Ric.Oprea

LAVORO

Malattie professionali – Esposizione all’amianto – Responsabilità dei titolari della posizione di garanzia – Colpa – Accertamento – Prevedibilità e rischiosità dell’attività lavorativa – Conseguenze. (C.p., articoli 40 e seguenti e 589; D.p.r. 27 aprile 1955 n. 547, articoli 377 e 387; D.p.r. 19 marzo 1956 n. 303, articolo 21; D.lgs. 15 agosto 1991 n. 277; legge 27 marzo 1992 n. 257).
In caso di malattia professionale (nella specie, mesotelioma pleurico che poi aveva causato la morte del lavoratore) derivante dall’esposizione, durante il ciclo produttivo, all’amianto, ai fini della prevedibilità dell’evento, rilevante per l’affermazione della colpa, va considerato che tale prevedibilità non riguarda soltanto specifiche conseguenze dannose che da una certa condotta possono derivare, ma si riferisce a tute le conseguenze dannose che possono derivare da una condotta che sia conosciuta come pericolosa per la salute o per gli altri beni tutelati dall’ordinamento. In questa prospettiva, con specifico riguardo all’inalazione da amianto, questa è stata ritenuta di grande lesività della salute da ben prima dell’entrata in vigore della legge 27 marzo 1992 n. 257, contenente disposizioni relative alla cessazione dell’impiego dell’amianto, facendosi menzione degli effetti pericolosi di tale sostanza fin da tempi più remoti, in particolare, già dal Rd 14 giugno 1909 n. 442, in tema di lavori ritenuti insalubri per donne e fanciulli, e dalla legge 12 aprile 1943 n. 455, che ha inserito l’asbestosi, malattia conseguente all’inalazione dell’amianto, nell’elenco delle malattie professionali. (Fattispecie in cui la Corte ha rigettato il ricorso avverso la condanna dei datori di lavoro, che aveva avuto alle proprie dipendenze il lavoratore, poi deceduto nel 2004, dal 1965 al 1990).
Sezione IV, sentenza 22 marzo – 21 giugno 2012 n. 24997 – Pres. Brusco; Rel. Massafra; Pm (conf.) Cesqui

SANITA’

Medico – Responsabilità professionale – Responsabilità omissiva – Accertamento – Giudizio contro fattuale – Contenuto - Fattispecie. (C.p., articoli 41 e 589).
In tema di responsabilità omissiva del medico per la morte del paziente, la verifica dell’esistenza del nesso di causalità tra la condotta omissiva del sanitario e l’evento lesivo presuppone l’effettuazione del cosiddetto «giudizio controfattuale» diretto a stabilire se l’azione o le condotte positive ritenute doverose e invece omesse, nel caso concreto, ove ipotizzate come poste in essere dall’imputato, sarebbero state idonee a evitare l’evento o a ritardarne significativamente la sopravvenienza: tale verifica deve in concreto operarsi, in termini di ragionevole certezza («altro grado di credibilità razionale» o «probabilità logica»), secondo tutte le circostanze che connotano il caso, e non già in termini di mera probabilità statistica pur rivelatrice di «serie e apprezzabili probabilità di successo» per l’azione impeditiva dell’evento, sezioni Unite, 10 luglio 2002, Franzese. (Nella fattispecie, si contesta ai medici l’avvenuto decesso del paziente, sul rilievo che questi, pur in presenza di una sintomatologia – dolore toracico intermittente – che avrebbe dovuto indurre il sospetto di un’angima ingravescente, avevano omesso di richiedere una consulenza cardiologica e di effettuare i necessari accertamenti diagnostici – il dosaggio degli enzimi cardiaci – che avrebbero consentito di instaurare con urgenza la terapia necessaria, dimettendo anzi il paziente, poi deceduto, con l’errata diagnosi di patologia di origine gastrica: la Corte ha annullato con rinvio la decisione, rilevando come fosse mancato il suindicato giudizio contro fattuale, risolto in modo apodittico e immotivato con l’affermazione che se il paziente «fosse rimasto in ospedale, anche nell’ipotesi in cui non fossero stati effettuati gli esami ematochimici… avrebbe potuto ricevere le cure necessarie e salvarsi»).
Sezione IV, sentenza 10 – 12 maggio 2012 n.20650 – Pres. Marzano; Rel.Vitali Casella; Pm (diff.) D’Ambrosio

REATI CONTRO IL PATRIMONIO

Invasioni di terreni o edifici – Elemento materiale – Caratteristiche - Fattispecie. (C.p., articolo 633)
La condotta tipica del reato di invasione di terreni o edifici consiste nell’introduzione dall’esterno in un fondo o in un immobile altrui di cui non si abbia il possesso o la detenzione. La norma di cui all’articolo 633 C.p., infatti, non è posta a tutela di un diritto ma di una situazione di fatto tra il soggetto e la cosa, per cui tutte le volte in cui il soggetto sia entrato legittimamente in possesso del bene deve escludersi la sussistenza del reato. (Nella specie, la Corte ha escluso potesse ravvisarsi il reato nella condotta di chi abbia continuato ad abitare in un immobile di proprietà dell’Iacp, dopo la morte del legittimo assegnatario, con il quale conviveva, rinviando al giudice di merito per gli opportuni accertamenti di fatto).
Sezione II, sentenza 14 giugno – 9 luglio 2012 n. 26624 – Pres. Fiandanese; Rel. Di Marzio; Pm (diff.) Lettieri; Ric.Runci.

REATI CONTRO LA FAMIGLIA

Violazione degli obblighi di assistenza familiare – Ipotesi di cui al comma 2, n. 2, dell’articolo 570 del C.p. – Rapporti con l’eventuale inadempimento degli obblighi stabiliti dal giudice civile – Mantenimento e mezzi di sussistenza – Differenze – Capacità economica dell’obbligato –Rilevanza - Fattispecie. (C.p., articolo 570, comma 2, n. 2).
In tema di violazione degli obblighi di assistenza familiare, occorre distingure tra assegno stabilito dal giudice e “mezzi di sussistenza”, essendo questi ultimi del tutto indipendenti dalla valutazione operata in sede di giudizio civile: infatti, la nozione di mezzi di sussistenza comprende solo ciò che è strettamente necessario per la sopravvivenza dei familiari dell’obbligato, nel momento storico in cui il fatto avviene. Ne consegue che, nell’ipotesi di mancata corresponsione, da parte del coniuge obbligato, dell’assegno stabilito in sede civile, il giudice penale, al fine di ritenere la configurabilità dl reato di cui all’articolo 570, comma 2, n. 2, del C.p., deve apprezzare se, per effetto di tale condotta, siano venuti a mancare i “mezzi di sussistenza”, con accertamento necessariamente esteso alla verifica dello stato di bisogno dell’avente diritto alla somministrazione dei mezzi di sussistenza e alla comprovata capacità economica dell’obbligato a forni glieli. (Da queste premesse, è stata annullata con rinvio la sentenza di condanna, che aveva fondato il giudizio di responsabilità sulla base del solo dato dell’inadempimento all’obbligo civilistico, senza approfondire il profilo dello stato di bisogno, in una vicenda in cui i figli della coppia erano maggiorenni e in grado di svolgere attività lavorativa remunerata, e la moglie non solo era assegnataria di un alloggio signorile assegnatole in sede di separazione, ma già riscuoteva, in ogni caso, un quinto della somma spettantele a seguito di pignoramento presso terzi)
Sezione VI, sentenza 15 giugno – 9 luglio 2012 n. 24997 – Pres. Agrò; Rel. Seri; Pm (diff.) Galasso

REATI CONTRO LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Abuso d’ufficio – Medico di una struttura sanitaria pubblica – Invito ai pazienti di effettuare la visita di controllo presso il proprio studio privato – Reato - Sussistenza. (C.p., articolo 323).
Integra il delitto di abuso d’ufficio la condotta del medico di una struttura sanitaria pubblica che, all’atto delle dimissioni dei pazienti, li inviti esplicitamente per la visita di controllo post-operatoria, a pagamento, presso il proprio studio professionale, senza informarli circa la possibilità di ottenere la medesima prestazione presso lo stesso presidio ospedaliero, senza ulteriori spese.
Sezione VI, sentenza 24 settembre – 17 ottobre 2012 n.40824 – Pres. Serpico; Rel.Lanza; Pm (conf.) Gaeta

REATI CONTRO IL PATRIMONIO

Lesioni personali – Circostanze aggravanti – Arma impropria – Utilizzo di un bicchiere - Configurabilità. (C.p., articoli 582 e 585, comma 2, n. 2)
In tema di lesioni volontarie, anche un bicchiere di vetro, adoperato come corpo contundente in un contesto aggressivo, diventa strumento atto a offendere ed è arma ai fini dell’applicazione dell’aggravante di cui all’articolo 585, comma 2, n. 2, del C.p.. Ciò che rileva, infatti, è la potenzialitità offensiva dell’oggetto, non richiedendo la norma aggravante che l’uso dello strumento offensivo integri anche la contravvenzione di cui all’articolo 4 della legge 18 aprile 1975 n. 110.
Sezione V, sentenza 12 giugno – 13 settembre 2012 n. 35237 – Pres. Zecca; Rel. Pistorelli; Pm (parz. diff.) Cedrangolo.

MISURE CAUTELARI

Sequestro penale – Sequestro preventivo – Sequestro funzionale alla confisca per equivalente – Individuazione dei beni – Necessità – Esclusione – Conseguenze in punto di impugnazione. (C.p., articolo 322-ter; legge 24 dicembre 2007 n. 244, articolo 1, comma 143; C.p.p., articoli 310 e 324)
Il giudice del sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente (nella specie, disposto in relazione a reati fiscali, a norma dell’articolo 1, comma 143, della legge 24 dicembre 2007 n. 244) non ha l’obbligo di individuare i singoli beni e di fissarne il relativo valore, essendo necessario e sufficiente che fissi l’importo complessivo dei beni da sottoporre al vincolo e competendo poi al pubblico ministero, quale organo demandato all’esecuzione, il compito di procedere a detta individuazione. Da ciò consegue che, ove un soggetto terzo assuma l’estraneità del bene al compendio da vincolare, il rimedio che deve esperire non può essere quello del riesame,perché non è in discussione la legittimità del provvedimento di sequestro, dovendo invece avanzare richiesta di restituzione al pubblico ministero, contro il cui eventuale diniego ci si può dolere proponendo appello.
Sezione III, sentenza 16 maggio – 24 luglio 2012 n. 30138 – Pres. De Maio; Rel. Sarno; Pm (diff.) Spinaci; Ric.Proc. Rep. trib. Pesaro in proc. Moschini.

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