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REATI CONTRO LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Abuso di ufficio – Dolo intenzionale – Concorrente intenzione di soddisfare anche l’interesse pubblico – Reato – Esclusione – Condizioni - Fattispecie. (C.p., articolo 323).
Ai fini della sussistenza dell’elemento soggettivo nel reato di abuso di ufficio di cui all’articolo 323 del C.p, è richiesto il dolo intenzionale, e cioè la rappresentazione e la volizione dell’evento di danno altrui o di vantaggio patrimoniale, proprio o altrui, come conseguenza diretta e immediata della condotta dell’agente e obiettivo primario da costui perseguito. Ne consegue che se l’evento tipico è una semplice conseguenza accessoria dell’operato dell’agente, diretto a perseguire, in via primaria, l’obiettivo di un interesse pubblico di preminente rilievo, riconosciuto dall’ordinamento e idoneo a oscurare il concomitante favoritismo o danno per il privato, non è configurabile il dolo intenzionale e pertanto il reato non sussiste. (Nella specie, la Corte ha comunque escluso l’applicabilità del suddetto principio, essendo emerso che gli imputati, stipulando un contratto pubblico non mediante gara, ma operando una scelta diretta del contraente, avevano dimostrato di non perseguire l’interesse pubblico, espresso dal rispetto della procedura dell’evidenza pubblica).
Sezione II, sentenza 14 giugno – 9 luglio 2012 n. 26625 – Pres. Fiandanese; Rel. Di Marzio; Pm (diff.) Lettieri; Ric. Pg appello Roma e altro in proc. Bonanni e altro

PROVE PENALI

Perizia – Apprezzamento del giudice sul sapere tecnico-scientifico – Competenza del giudice di merito – Sindacato di legittimità – Condizioni - Limiti. (C.p.p., articoli 187 e seguenti, 220 e seguenti, e 606, comma 1, lettera e).
In tema di valutazione delle diverse tesi prospettate dal perito e/o dai consulenti tecnici, il giudice di merito può fare legittimamente propria l’una piuttosto che l’altra tesi scientifica, purché dia congrua e motivata ragione della scelta e dimostri di esserci soffermato sulla tesi o sulle tesi che ha creduto di non dover seguire. Entro questi limiti, non rappresenta vizio della motivazione, di per sé, l’omesso esame critico di ogni più minimo passaggio della relazione tecnica disattesa, poiché la valutazione delle emergenze processuali è affidata al potere discrezionale del giudice di merito, il quale, per adempiere compiutamente all’onore della motivazione, non deve prendere in esame espressamente tutte le argomentazioni critiche dedotte o deducibili, ma è sufficiente che enunci con adeguatezza e logicità gli argomenti che si sono resi determinanti per la formazione del suo convincimento. Laddove il giudice abbia rispettato tali principi, il giudizio di fatto formulato è incensurabile in sede di legittimità.
Sezione IV, sentenza 17 aprile – 12 giugno 2012 n.23146 – Pres. Sirena; Rel. Romis; Pm (conf.) Geraci; Ric.parte civile Porchia in proc. Sorrentino e altro

SANITA’

Medico – Responsabilità professionale – Intervento chirurgico – Responsabilità di équipe – Contenuto – Responsabilità del chirurgo con riferimento all’adeguata preparazione anestesiologica del paziente. (C.p., articoli 41, 43 e 586)
Anche al chirurgo incombe la verifica delle condizioni dell’adeguata preparazione anestesiologica del paziente ai fini dell’esecuzione dell’intervento, fermo l’obbligo, in caso contrario, alla stregua del corretto svolgimento dell’attività medico-chirurgico in équipe, di procrastinarlo o comunque di soprassedere dallo stesso. (Nella specie, relativa a condanna per il reato di omicidio colposo, è stato rigettato il ricorso anche del medico chirurgo cui era stato addebitata, unitamente all’anestesia, la morte di una paziente deceduta dopo il tentativo di sottoporla a intervento chirurgico, evidenziandosi che la diagnosi di occlusione intestinale avrebbe dovuto imporre l’apposizione alla paziente, prima dell’operazione, del sondino naso-gastrico quale ineludibile presidio terapeutico idoneo a evitare l’ingestione nelle vie aeree di materiale gastrico al momento dell’anestesia: evenienza poi verificatasi e risultata tale da avere determinato la morte).
Sezione IV, sentenza 15 dicembre 2011 – 3 settembre 2012 n. 33615 – Pres. Brusco; Rel. Vitelli Casella; Pm (conf.) Delehaye

LEGGI E REGOLAMENTI

Legge penale – Ignoranza – Inevitabilità – Condizioni – Incertezza interpretativa – Irrilevanza - Fattispecie. (C.p., articolo 5)
Non può essere invocata l’esclusione di colpevolezza per errore di diritto dipendente da ignoranza inevitabile della legge penale determinata da giurisprudenza non conforme o dalla non chiara interpretazione del dettato normativo sulla regola di condotta da seguire, poiché, in caso di dubbio, si determina un obbligo di astensione dal porre in essere una condotta che non si sa se sia lecita o no. (Nella specie, è stata esclusa l’applicabilità del principio dell’ignoranza incolpevole nei confronti di soggetto condannato per il reato di coltivazione di piantine da stupefacente, che assumeva, a confronto della prospettata buona fede, l’incertezza dell’interpretazione giurisdizionale sul tema)
Sezione IV, sentenza 26 giugno – 23 agosto 2012 n. 33176 – Pres. Marzano; Rel. D’Isa; Pm (conf.) Fondaroni; Ric. Pagliaro.

REATI CONTRO LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Omissione di atti d’ufficio – Elemento materiale – Richiesta dell’interessato – Dovere di risposta del pubblico ufficiale – Presupposti – Interesse qualificato – Caratteristiche – Fattispecie. (C.p., articolo 328, comma 2).
In tema di omissione di atti d’ufficio, l’articolo 328, comma 2, del C.p. collega la sussistenza del reato alla mancata risposta, entro il termine di trenta giorni, alla richiesta «di chi vi abbia interesse», con la quale si dovrebbero esporre le ragioni del ritardo.
L’interesse cui fa riferimento la norma, peraltro, deve intendersi nel senso di “interesse qualificato”, e cioè quello di un «interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente a una situazione giuridicamente tutelata», come si esprime l’articolo 22, comma 1, lettera b), della legge 7 agosto 1990 n. 241, in tema di procedimento amministrativo (da queste premesse, è stato dichiarato inammissibile il ricorso del procuratore della Repubblica avverso la sentenza che aveva escluso il reato di omissione di atti di ufficio a carico del direttore generale di una azienda ospedaliera cui era stato addebitato di avere omesso di rispondere alla richiesta di un privato cittadino di attivazione di un procedimento disciplinare nei confronti di medici dipendenti dell’azienda di omicidio colposo in danno della moglie dell’istante: la Corte ha escluso che l’istanza fosse accompagnata da un interesse qualificato nei termini suddetti, non derivando dall’esito dell’invocata procedura disciplinare alcuna tutela di una situazione giuridica soggettiva del richiedente, onde il destinatario della richiesta non aveva alcun dovere di dare una risposta).
Sezione VI, sentenza 11 aprile – 25 luglio 2012 n.30463 – Pres. Di Virginio; Rel. Conti; Pm (diff.) Gaeta; Ric.Proc. Rep. trib. Napoli in proc. Cusano

SANITA’

Responsabilità professionale del medico – Colpa – Apprezzamento – Rilevanza delle linee-guida – Condizioni e limiti. (C.p., articoli 43 e 589).
Le linee guida, se provenienti da fonti autorevoli e caratterizzate da un adeguato livello di scientificità, pur rappresentando un importante ausilio scientifico, con il quale il medico è tenuto a confrontarsi, non eliminano l’autonomia del medico nelle scelte terapeutiche, giacché questi è sempre tenuto a prescegliere la migliore soluzione curativa per il paziente. Pertanto, anche per il giudice chiamato a giudicare sull’eventuale responsabilità professionale, le linee guide rappresentano certamente uno strumento per valutare la condotta del sanitario e quindi per “misurarne” la discrezionalità insita nel giudizio di colpa, perché il giudice resta libero di valutare se le circostanza concrete esigessero una condotta diversa da quella prescritta dalle stesse linee guida.
Sezione IV, sentenza 11 luglio – 19 settembre 2012 n.35922 – Pres. Brusco; Rel. Piccialli; Pm (conf.) Aniello

AMBIENTE E TERRITORIO

Parte civile – Associazione ambientaliste – Legittimazione alla costituzione – Ammissibilità – Condizioni e limiti – Risarcibilità del danno patrimoniale e morale. (C.p.p., articolo 74; C.p., articolo 185; C.c., articolo 2043; D.lgs. 3 aprile 2006 n. 152, articoli 311 e 313, comma 7)
In materia di danno ambientale, l’articolo 311 del decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152 riserva allo Stato, e in particolare al ministero dell’Ambiente e tutela del territorio, il potere di agire, anche esercitando l’azione civile in sede penale, per il risarcimento del danno ambientale in forma specifica e, se necessario, per equivalente patrimoniale; ai sensi del successivo articolo 313, comma 7, comunque, resta in ogni caso fermo il diritto dei soggetti danneggiati dal fatto produttivo di danno ambientale, nella loro salute o nei beni di loro proprietà, di agire in giudizio nei confronti del responsabile a tutela dei diritti e degli interessi lesi. La suddetta normativa “speciale” in materia di danno ambientale si affianca, peraltro, non essendovi incompatibilità, alla disciplina generale del danno previsto dal codice civile, sicché le associazioni ambientaliste, pure dopo l’abrogazione delle previsioni di legge che le autorizzavano a proporre, in caso di inerzia degli enti territoriali, le azioni risarcitorie per danno ambientale (articolo 9, comma 3, del decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 267, abrogato dall’articolo 318 del decreto legislativo n. 152 del 2006), sono legittimate alla costituzione di parte civile iure proprio, nel processo per reati che abbiano cagionato pregiudizi all’ambiente, per il risarcimento non del danno all’ambiente come interesse pubblico, bensì (al pari di ogni persona singola o associata) dei danni direttamente subiti, diretti e specifici, ulteriori e diversi rispetto a quello, generico di natura pubblica, della lesione dell’ambiente come bene pubblico e diritto fondamentale di rilievo costituzionale. In questa prospettiva e con questi limiti, le associazioni ambientaliste sono quindi legittimate a costituirsi parte civile avendo il diritto al risarcimento del danno, non solo patrimoniale (in relazione, per esempio, agli eventuali esborsi finanziari sostenuti dall’ente per l’espletamento dell’attività di tutela), ma anche morale, derivante dal pregiudizio arrecato all’attività da esse concretamente svolta per la valorizzazione e la tutela del territorio sul quale incidono i beni oggetto del fatto lesivo.
Sezione III, sentenza 17-23 maggio 2012 n. 19439 – Pres. Teresi; Rel. Fiale; Pm (parz. diff.) Volpe; Ric. Miotti.

GIURISDIZIONE

Reati commessi all’estero – Corruzione internazionale commessa da cittadini all’estero –Criteri attributivi della giurisdizione italiana. (C.p., articoli 7, nn. 5 e 9, e 322-bis).
In relazione al reato di corruzione internazionale commesso da un cittadino italiano all’estero, per poter affermare la giurisdizione dell’autorità giudiziaria italiana occorre avere riguardo alla disciplina dettata dall’articolo 9 del C.p., non potendosi utilmente invocare il disposto dell’articolo 7, numero 5, del codice penale.
Sezione feriale, sentenza 13-17 agosto 2012 n.32779 – Pres. Macchia; Rel. Piccialli; Pm (parz. diff.) Volpe; Ric.Lavitola.

PENA

Iscrizione sul casellario giudiziale – Decreto penale di condanna –Estinzione del reato – Eliminazione dell’iscrizione – Esclusione - Ragione. (C.p.p., articolo 460, comma 5; Dp.r. 14 novermbre 2002 n. 313, articolo5).
In caso di decreto penale di condanna, l’estinzione del reato conseguente al decorso dei termini e alle altre condizioni previste dall’articolo 460, comma 5, del C.p.p. non comporta anche l’eliminazione dell’iscrizione nel casellario giudiziale, dal momento che l’aricolo 5 del D.p.r. 14 novembre 2002 n. 313 prevede l’eliminazione delle iscrizioni nel casellario solo per i reati di competenza del giudice di pace. (La Corte ha osservato che non è ipotizzabile un’applicazione analogica della citata disposizione che si porrebbe in contrasto con la volontà del legislatore e con la stessa funzione conoscitiva e informativa del casellario e ha altresì ricordato che analoga soluzione, ostativa alla cancellazione, vale anche nel caso dell’estinzione del reato prevista dall’articolo 445, comma 2, del C.p.p. in caso di sentenza di “patteggiamento”).
Sezione I, sentenza 11 gennaio – 22 giugno 2012 n.25041 – Pres. Giordano; Rel. Tardio; Pm (conf.) Galasso; Ric.Proc. Rep. trib. In proc. Aguzzi

REATI CONTRO L’ORDINE PUBBLICO

Reati associativi – Scambio elettorale politico-mafioso – Oggetto materiale dello scambio – Nozione - Fattispecie. (C.p., articolo 416-ter).
Ai fini della configurabilità del reto di scambio elettorale politico-mafioso, previsto dall’articolo 416-ter del C.p., l’oggetto materiale dell’erogazione offerta in cambio della promessa di voti può essere rappresentato non solo dal denaro, ma da qualsiasi bene traducibile in un valore di scambio immediatamente quantificabile in termini economici (ad esempio, mezzi di pagamento diversi dalla moneta, preziosi, titoli, valori mobiliari ecc.), restando invece escluse dal contenuto precettivo della norma incriminatrice altre”utilità” che solo in via mediata possono essere oggetto di monetizzazione. (Nella specie, è stato ritenuto rientrare nell’ambito di operatività della disposizione, quale valore di scambio immediatamente monetizzabile, l’ingiusta locupletazione derivante dall’esercizio di un diritto personale di godimento avente a oggetto un bene pubblico di proprietà comunale, di cui veniva consentito l’utilizzo senza il controvalore del canone di locazione adeguato).
Sezione VI, sentenza 11 aprile 2011 – 30 maggio 2012 n.20924 – Pres. Di Virginio; Rel.De Amicis; Pm (conf.) Gaeta; Ric.Gambino.

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