Con sentenza depositata il 22 luglio 2015, le Sezioni Unite Penali della Corte di Cassazione hanno affermato il principio di diritto secondo cui anche dopo l’entrata in vigore del d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, e relativa conversione in legge, sono valide le notificazioni a persona diversa dall’imputato o indagato eseguite per via telematica, ai sensi del d.l. 25 giugno 2008, n. 112, e relativa conversione in legge, dagli Uffici giudiziari già autorizzati dal decreto 1 ottobre 2012 del Ministro della Giustizia. 


RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza in data 21-22 marzo 2014, ¡l Tribunale di Torino ha rigettato l'appello proposto da **** **** avverso l'ordinanza del medesimo Tribunale in data 11 febbraio 2014 che aveva rigettato la richiesta di revoca della misura della custodia cautelare in carcere emessa il 20 gennaio 2014 con riferimento a due provvisorie imputazioni per rapina aggravata in danno di gioiellieri di quella città, rapine consumate il giorno 17 dicembre 2012 e il giorno 22 ottobre 2013.
2. Avverso detta ordinanza il difensore dell'indagato ha proposto ricorso per cassazione, articolando quattro censure.
2.1. Con la prima, deduce violazione degli artt. 2, 3, 111 Cost. in relazione agli artt. 293 e 309 cod. proc. pen. e agli artt. 16, commi 4, 9 e 11, d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, sostenendo che il decreto di fissazione della udienza innanzi al Tribunale gli era stato notificato tramite la così detta P.E.C. (posta elettronica certificata), in violazione del predetto articolo 16, comma 9, lett. c-bis (come modificato dall'art. 1, comma 19, legge 24 dicembre 2012, n. 228), che prevede l'utilizzo dello strumento telematico per i procedimenti penali, limitatamente alle notifiche dirette a soggetti diversi dall'imputato (e dunque anche dall'indagato) solo a far tempo dal 15 dicembre 2014, laddove la notifica a mezzo posta elettronica era avvenuta in data certamente precedente.
Secondo il ricorrente, la denunciata violazione di legge ha gravemente leso il diritto di difesa del ****, atteso che il difensore non era comparso all'udienza camerale fissata per la trattazione del giudizio sulla impugnazione.
2.2. Con la seconda censura, deduce violazione di legge (artt. 309-274 cod. proc. pen.) ed omessa motivazione in ordine alla mancata revoca del provvedimento cautelare, atteso che il giudicante non ha fornito elementi ai quali ancorare il giudizio di sussistenza delle esigenze cautelari, con riferimento al pericolo di reiterazione della condotta criminosa, ovvero al pericolo di fuga, né può ritenersi che il ricorrente abbia usato eccezionale violenza verso le vittime. Con particolare riferimento alla rapina in danno di Adriana Sacco (17 dicembre 2012), poi, il ricorrente fa rilevare che la descrizione del rapinatore effettuata dalla persona offesa non corrisponde affatto alle caratteristiche fisiche dell'indagato e anche la descrizione della complice del rapinatore non corrisponde alle fattezze della convivente del ****; al proposito il difensore ricorda di avere contestato radicalmente l'esito della consulenza tecnica antropometrica a suo tempo disposta.
2.3. Con il terzo motivo deduce i medesimi vizi già evidenziati con la precedente censura, ricordando di avere chiesto, in via subordinata, la sostituzione della custodia cautelare intramuraria con l'obbligo di dimora nella provincia di Brescia, nella quale risiede la madre della sua compagna ed evidenziando che, in merito, il Tribunale torinese non ha fornito risposta alcuna.
2.4. Con la quarta censura, deduce ancora violazione di legge, con riferimento, non solo agli artt. 309 e 274 del codice di rito, ma anche all'art. 15 Cost. e all'art. 18-ter legge 354/1975, ed omessa motivazione, con riferimento alla richiesta di avere colloqui telefonici con la madre residente in Ucraina, colloqui sempre immotivatamente vietati dal Giudice per le indagini preliminari.
Sul punto, ancora una volta, il Tribunale è rimasto silente.
2.5. Il 2 dicembre 2014 è stata depositata memoria con la quale si riprendono, si illustrano e si ribadiscono le argomentazioni formulate nel ricorso.
3. Il ricorso è stato assegnato alla Seconda Sezione penale, che, con ordinanza del 10 aprile 2014, lo ha rimesso alle Sezioni Unite, ritenendo che, con la prima censura, fosse stata proposta una questione di diritto, meritevole di essere valutata e decisa in seno al massimo consesso di legittimità.
3.1. Con l'ordinanza predetta, la Sezione rimettente, infatti, ha evidenziato come la giurisprudenza di legittimità avesse fornito, fino ad allora, un'unica risposta alla questione, per altro nel medesimo procedimento e con riguardo alla medesima misura cautelare (Sez. 2, n. 32430 del 09/07/2014, ****, Rv. 260243). In tale occasione si affermò che «le disposizioni relative alle notificazioni per via telematica a persona diversa dall'imputato, previste dal d.l. 28 ottobre 2012, n. 179, convertito dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, entrano in vigore il 15 dicembre 2014, previa adozione da parte del Ministro della Giustizia del decreto attestante la idoneità funzionale dei servizi di comunicazione dei singoli uffici giudiziari». Per tale ragione furono ritenute non valide le notificazioni effettuate per via telematica dal Tribunale di Torino, ufficio giudiziario per il quale l'idoneità funzionale dei servizi di comunicazione peraltro
era stata già attestata con decreto in data 12 settembre 2012 del Ministro della Giustizia emesso ai sensi dell'art. 51 del previgente d.l. 25 giugno 2008, n. 112,
convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e dunque prima dell'entrata in vigore del d.l. n. 179 del 2012. In sintesi, si è ritenuto nella predetta sentenza che la norma (il comma 9, lett. c-bis, dell'art. 16) dovesse essere interpretata in maniera strettamente letterale e si affermò che, prima del 15 dicembre 2014, non fosse possibile, in assenza di un espresso provvedimento, effettuare le notifiche tramite P.E.C.
3.2. La stessa Seconda Sezione, tuttavia, con l'ordinanza sopra ricordata, ha ipotizzato una diversa interpretazione della normativa sottoposta al suo esame, un'interpretazione, potrebbe dirsi, di carattere logico-sistematico, più che letterale, in base alla quale la nuova disciplina riguarderebbe solo gli uffici giudiziari che non siano stati già autorizzati all'impiego della P.E.C., dunque quelli non previsti dal decreto ministeriale emanato, sulla base della previgente disciplina (art. 51 d.l. n. 112 del 2008), vale a dire in data anteriore all'entrata in vigore del d.l. n. 179 del 2012.
Gli uffici già autorizzati (sc/V. quelli torinesi), viceversa, avrebbero - secondo tale nuova, ipotizzabile interpretazione - sempre mantenuto la possibilità di procedere alla notificazione degli atti in via telematica a persona diversa dall'imputato, non valendo per essi il differimento alla data del 15 dicembre 2014.
4. Il Primo Presidente, con decreto del 5 maggio 2015, ha assegnato il ricorso alle Sezioni Unite, fissando per la trattazione la odierna udienza.
Va però segnalato che, successivamente al provvedimento di assegnazione appena ricordato, e precisamente in data 12 giugno 2015, è stata depositata sentenza della Sezione Sesta, deliberata il 12 dicembre 2014 (n. 37626, ricorrente Cutrì), con la quale si afferma una posizione specularmente opposta a quella della sentenza ****i della Sezione Seconda e si assume che gli uffici giudiziari torinesi, anche dopo la entrata in vigore del d.l. 179/2012 (e prima della data del 15 dicembre 2014) erano facultati a operare le notifiche a soggetti diversi dall'imputato/indagato tramite la P.E.C., in base al disposto dell'art. 148, comma 2-bis, cod. proc. pen., nella lettura "ampliata" datane dalla sentenza delle Sezioni Unite n. 28451 del 28/04/2011, Pedicone, Rv 250121.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. La questione per la quale il ricorso è stato rimesso alle Sezioni Unite può essere sintetizzata come segue: "Se, anche dopo l'entrata in vigore del d.l. 18 ottobre 2012, n. 179 (e relativa conversione in legge), siano valide le notificazioni a persona diversa dall'imputato eseguite per via telematica ai sensi del d.l. 25 giugno 2008, n. 112 (e relativa conversione in legge), dagli uffici giudiziari già autorizzati dal decreto 10 ottobre 2012 del Ministro della Giustizia".
2. Per una razionale impostazione del problema, appare indispensabile una riflessione sul quadro normativo di pertinenza e sulla sua progressiva formazione.
2.1. La possibilità di procedere a notificazioni tramite P.E.C. è stata introdotta, come si è anticipato, dall'art. 51 del d.l. 25 giugno 2008, n. 112, convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, modificato dall'art. 4, comma 3 lett. a), del d.l. 29 dicembre 2009, n. 193, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 febbraio 2010, n. 124.
Esso prevedeva al comma 1: «A decorrere dal quindicesimo giorno successivo a quello della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana dei decreti di cui al comma 2, negli uffici giudiziari indicati negli stessi decreti, le notificazioni e le comunicazioni di cui al primo comma dell'articolo 170 del codice di procedura civile, la notificazione di cui al primo comma dell'articolo 192 del codice di procedura civile e ogni altra comunicazione al consulente sono effettuate per via telematica all'indirizzo di posta elettronica certificata di cui all'articolo 16 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185 , convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2. Allo stesso modo si procede per le notificazioni e le comunicazioni previste dal regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e per le notificazioni a persona diversa dall'imputato a norma degli articoli 148, comma 2-bis, 149, 150 e 151, comma 2, del codice di procedura penale».
Il comma 2 recitava: «Con uno o più decreti aventi natura non regolamentare, da adottarsi entro il 1° settembre 2010, sentiti l'Avvocatura generale dello Stato, il Consiglio nazionale forense ed i Consigli dell'ordine degli avvocati interessati, il Ministro della Giustizia, previa verifica, accerta la funzionalità dei servizi di comunicazione, individuando gli uffici giudiziari nei quali trovano applicazione le disposizioni di cui al comma 1».
Il comma 3 prevedeva che le parti che non avessero provveduto ad istituire e comunicare l'indirizzo elettronico di cui ai commi precedenti ricevessero le notificazioni e comunicazioni presso la cancelleria o la segreteria dell'ufficio giudiziario.
Il decreto ministeriale con il quale furono individuati gli uffici giudiziari presso i quali la nuova procedura avrebbe potuto trovare applicazione (in pratica: solo il Tribunale di Torino e la Procura della Repubblica presso il medesimo Tribunale) fu emanato oltre il termine (meramente ordinatorio) previsto dalla legge, vale a dire in data 12 settembre 2012 («Avvio delle comunicazioni e notificazioni per via telematica presso il Tribunale e la Procura di Torino - settore penale -»). Il Ministero, accertata la funzionalità dei servizi di comunicazione previsti dall'art. 51, comma 2, del d.l. 25 giugno 2008, n. 112, autorizzò, a far tempo dal giorno 1° ottobre 2012 la esecuzione per via telematica delle notificazioni a persona diversa dall'imputato, a norma degli artt. 148, comma 2-bis, 149, 150 e 151, comma 2, cod. proc. pen.
2.2. Pochi giorni dopo la entrata in vigore (presso gli Uffici sopra ricordati) della normativa appena menzionata (appunto 1° ottobre 2012, quando dunque la fattispecie legale che consentiva al Tribunale ed alla Procura della Repubblica di Torino di procedere alla notificazione degli atti per via telematica si era già perfezionata), veniva, tuttavia, emanato il d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale il 19 ottobre 2012, n. 45 (in vigore dal 20 ottobre), il cui art. 16 prevedeva al comma 4: «Nei procedimenti civili le comunicazioni e le notificazioni a cura della cancelleria sono effettuate esclusivamente per via telematica all'indirizzo di posta elettronica certificata risultante da pubblici elenchi o comunque accessibili alle pubbliche amministrazioni, secondo la normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici. Allo stesso modo si procede per le notificazioni a persona diversa dall'imputato a norma degli articoli 148, comma 2-bis, 149, 150 e 151, comma 2, del codice di procedura penale. La relazione di notificazione è redatta in forma automatica dai sistemi informatici in dotazione alla cancelleria».
Il nuovo testo normativo appariva, pertanto, sostanzialmente, "sovrapponibile" a quello preesistente, sia nella parte appena illustrata, sia nei commi susseguenti. Il comma 5, infatti, è relativo alle notificazioni o comunicazioni che contengano dati sensibili (notificazioni o comunicazioni da effettuarsi solo per estratto con contestuale messa a disposizione, sul sito internet individuato dall'Amministrazione, dell'atto integrale cui il destinatario può accedere); il comma 6 ribadisce che le notificazioni e comunicazioni ai soggetti per i quali la legge prevede l'obbligo di munirsi di un indirizzo di posta elettronica certificata, che non abbiano provveduto di conseguenza, sono eseguite esclusivamente mediante deposito in cancelleria (e che le stesse modalità devono essere adottate nelle ipotesi di mancata consegna del messaggio di posta elettronica certificata per cause imputabili al destinatario). Il comma 8 prevede: «Quando non è possibile procedere ai sensi del comma 4 per causa non imputabile al destinatario, nei procedimenti civili si applicano l'articolo 136, terzo comma, e gli articoli 137 e seguenti del codice di procedura civile e, nei procedimenti penali, si applicano gli articoli 148 e seguenti del codice di procedura penale», mentre il comma successivo indica i termini temporali dai quali acquistano efficacia le disposizioni dei commi da 4 a 8, vale a dire: «a) a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto, per le comunicazioni e le notificazioni a cura della cancelleria di cui sono destinatari i difensori, nei procedimenti civili pendenti dinanzi ai tribunali e alle corti d'appello che, alla predetta data sono già stati individuati dai decreti ministeriali previsti dall'articolo 51, comma 2, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133; - b) a decorrere dal sessantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto per le comunicazioni e le notificazioni di cui alla lettera a), per i procedimenti civili pendenti dinanzi ai tribunali ed alle corti di appello che alla data di entrata in vigore del presente decreto non sono stati individuati dai decreti ministeriali previsti dall'articolo 51, comma 2, del decreto- legge 25 giugno 2008, n. 112 convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133; - c) a decorrere dal trecentesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto per le comunicazioni e le notificazioni di cui ai commi 4 e 7, dirette a destinatari diversi dai difensori nei procedimenti civili pendenti dinanzi ai dinanzi ai tribunali ed alle corti di appello; - d) a decorrere dal quindicesimo giorno successivo a quello della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana dei decreti di cui al comma 10 per le notificazioni a persona diversa dall'imputato a norma degli articoli 148, comma 2-bis, 149, 150 e 151, comma 2, del codice di procedura penale, e per gli uffici giudiziari diversi dai tribunali e dalle corti d'appello».
2.3. Il dies a quo per l'ipotesi sub d) avrebbe dunque dovuto essere individuato con riferimento ad un avvenimento futuro vale a dire la pubblicazione dei decreti ministeriali attestanti la idoneità degli uffici giudiziari (sc/7. di quegli uffici ritenuti tali). Naturalmente non era dato sapere quando tale pubblicazione sarebbe avvenuta. Anche la nuova disposizione normativa prevede infatti (comma 10) che, con uno o più decreti aventi natura non regolamentare, sentiti l’Avvocatura generale dello Stato, il Consiglio nazionale forense, nonché i Consigli dell'ordine degli avvocati interessati, il Ministro della Giustizia, previa verifica, accerta la funzionalità dei servizi di comunicazione, individuando, tra l'altro, gli Uffici giudiziari in cui le stesse disposizioni operano per le notificazioni a persona diversa dall'imputato a norma degli articoli 148, comma 2-bis, 149, 150 e 151, comma 2, del codice di procedura penale.
2.4. È poi prevista (dal comma 11) la esplicita e formale abrogazione dei commi da 1 a 4 dell'articolo 51 del previgente d.l. 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133).
3. I termini temporali cui si è appena fatto cenno, appunto quelli stabiliti dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221 (già d.l. n. 179 del 2012) sono stati poi, a brevissima distanza di tempo, ulteriormente modificati dalla c.d. "legge di stabilità" del 2013 (legge 24 dicembre 2012, n. 228) che è intervenuta sul ricordato comma 9 dell'art. 16 del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179 (convertito come sopra indicato), stabilendo, con l'art. 1, comma 19, diversi dies a quo per i procedimenti civili, a seconda che essi pendessero innanzi ad uffici giudiziari già individuati dai decreti ministeriali previsti dall'articolo 51, comma 2, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, ovvero innanzi agli altri uffici, nonché a seconda dei destinatari.
Per il settore penale, una tale esplicita previsione, viceversa, è mancata; infatti il medesimo art. 1 della legge 228/2012 ha introdotto nel comma 9 dell'art. 16 del d.l. 179/2012 la lettera c-bis, che indica il termine iniziale, per le notificazioni telematiche per i procedimenti innanzi ai tribunali e alle corti di appello nella data "fissa" del 15 dicembre 2014.
3.1. È dunque evidente che la normativa del 2012 (d.l. 179 e succ. mod.) ha nuovamente previsto (art. 16, comma 4) la possibilità di procedere alla notificazione degli atti, tramite P.E.C., a persona diversa dall'imputato, a norma degli articoli 148, comma 2-bis, 149, 150 e 151, comma 2, cod. proc. pen., ma è altrettanto evidente che essa sembra aver nuovamente subordinato (come, peraltro, era stato fatto con l'art. 51 del d.l. n. 112 del 2008), l'efficacia della norma che prevede tale possibilità alla emanazione dei decreti ministeriali necessari per la individuazione degli uffici giudiziari ritenuti idonei alla adozione della nuova procedura.
È singolare poi che il legislatore abbia previsto un regime transitorio (tra la precedente normativa del 2008 e la nuova, quella del 2012) solo per i procedimenti civili, "dimenticando" quelli penali, pur avendo il Ministero già individuato, come si è premesso, con decreto del 12 settembre 2012, gli uffici giudiziari penali torinesi come quelli (i primi) idonei ad adottare la nuova procedura per le notificazioni e le comunicazioni.
D'altra parte, come si è premesso, l'art. 16 del d.l. n. 179 del 2012, in particolare, ha abrogato le disposizioni previste ai commi da 1 a 4 dell'art. 51 del d.l. n. 112 del 2008, tuttavia riproducendo fedelmente il contenuto delle norme abrogate, sia pur subordinando - nuovamente - la efficacia delle (rinnovate) disposizioni relative alle notificazioni per via telematica nel processo penale alla adozione, come si è appena premesso, di (nuovi) decreti ministeriali che attestassero la idoneità funzionale dei singoli uffici. Nulla però - anche questo si è sopra accennato - la normativa del 2012 ha disposto in relazione ai procedimenti penali pendenti in Torino, con riferimento ai quali gli uffici giudiziari di quel capoluogo avevano attivato o si proponevano di attivare il "meccanismo normativo" delineato dall'art. 51 del d.l. n. 112 del 2008, atteso che, a far tempo da giorno 1° ottobre 012, essi ben potevano effettuare, per via telematica, le notificazioni nel processo penale, ovviamente a soggetti diversi dagli imputati/indagati.
4. Tanto chiarito per quel che riguarda il (certamente non lineare) quadro normativo, ciò che le Sezioni Unite sono chiamate a decidere in riferimento al ricorso del ****(prima censura) consiste nell'accertare se la efficacia delle norme che prevedono la possibilità di procedere alla notificazione degli atti in via telematica a persona diversa dall'imputato (nel caso in esame, al difensore) sia stata differita per tutti gli uffici giudiziari (e dunque anche per il Tribunale e la Procura di Torino) alla scadenza del nuovo termine indicato (15 dicembre 2014), ovvero se i predetti uffici piemontesi (per i quali il d.m. attuativo era già stato emesso prima della entrata in vigore del d.l. n. 179 del 2012, e dunque - necessariamente - prima del 15 dicembre 2014) si sottraggano a tale previsione, con la conseguenza che devono ritenersi legittime le notifiche effettuate tramite P.E.C. a far tempo dal termine individuato dal primo d.m. (dunque: dal giorno 1° ottobre 2012) a tutt'oggi.
In sintesi: ci si deve pronunciare sulla validità delle notificazioni effettuate dai predetti uffici torinesi in forza del "vecchio" decreto ministeriale (in data 12 settembre 2012), anche dopo la emanazione del "nuovo" e prima del 15 dicembre 2014.
Sul punto, come anticipato hanno avuto modo di pronunciarsi la Sezione Seconda di questa Corte con la sentenza n. 32430, già citata (ricorrente lo stesso ****), in data 9 luglio 2014, e, successivamente (cfr. punto 4 del "Ritenuto in fatto"), in data 12 dicembre 2014, la Sezione Sesta, con la sentenza n. 37646 (ricorrente Cutrì Mario).
La prima sentenza (Sezione Seconda) ha affermato che le disposizioni relative alle notificazioni per via telematica a persona diversa dall'imputato (e dunque anche al difensore dello stesso), previste dal d.l. 28 ottobre 2012, n. 179 (e successiva conversione), entrano in vigore (sc/7. per tutti gli uffici giudiziari e dunque anche per quelli torinesi) il 15 dicembre 2014, previa adozione da parte del Ministro della Giustizia del decreto attestante la idoneità funzionale dei servizi di comunicazione dei singoli uffici giudiziari. Coerentemente con tale premessa, la Sezione Seconda ha giudicato invalide le notificazioni effettuate per via telematica dal Tribunale di Torino, benché per tale Ufficio l'idoneità funzionale dei servizi di comunicazione fosse già stata attestata - prima della entrata in vigore del d.l. 179/2012 - con decreto in data 12 settembre 2012 del Ministro della Giustizia, emesso ai sensi dell'art. 51 del d.l. 25 giugno 2008, n. 112, convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133.
La seconda sentenza (Sezione Sesta), per parte sua, ha sostenuto che l'art. 16, comma 9, lett. c-bis del d.l. 179/2012 (come modificato ut supra), che ha introdotto il termine del 15 dicembre 2014, non riguarda gli Uffici torinesi, ma solo quelli per i quali non sia ancora stato emesso il decreto ministeriale attestante la idoneità funzionale degli impianti di comunicazione telematica (se esistenti). Dunque, secondo questa lettura, per il Tribunale e la Procura di Torino, le norme sulla notificazione degli atti per via telematica sono divenute efficaci ben prima del 14 dicembre 2014 (vale a dire dal giorno 1° ottobre 2012). Peraltro, ha sostenuto la Sesta Sezione, per quel che riguarda gli avvisi ai soli difensori, già di per sé il dettato del comma 2-bis dell'art. 148 cod. proc. pen. (introdotto dalla legge 15 dicembre 2001, n. 438, di conversione del d.l. 18 ottobre 2001, n. 374), consentendo la notificazione "con mezzi tecnici idonei", non può non ricomprendere anche l'ipotesi della trasmissione telematica (se certificabile) di detti avvisi.
5. Occorre, a tal punto, fermarsi a riflettere sulla natura e sulla efficacia dei ricordati decreti ministeriali non regolamentari con i quali la competente autorità amministrativa accerta e certifica la idoneità degli impianti esistenti in determinati uffici giudiziari; la idoneità - si intende, nel caso in esame - dei predetti impianti ad essere validamente utilizzati per eseguire notificazioni e comunicazioni a mezzo P.E.C.
Per espressa definizione, non si tratta di atti a contenuto normativo; essi conseguentemente hanno natura dichiarativa e funzione, appunto, ricognitiva e accertativa («Il Ministro della Giustizia accerta la funzionalità dei servizi di comunicazione»). Di talché l'abrogazione, ad opera del comma 11 dell'art. 16 del d.l. 179/2012 (convertito dalla legge 221/2012) dei commi 1, 2, 3, 4 dell'art. 51 del d.l. 112/2008 (convertito dalla legge 133/2008), si pone in termini quantomeno problematici con riferimento a tali "attestazioni di idoneità". In altre parole: il decreto ministeriale che sancisca l'idoneità dell'impianto è stato, certamente, emanato in forza di una disposizione normativa (nel caso di specie, l'art. 51 sopra ricordato), ma l'esito di tale accertamento costituisce un dato di fatto che rispecchia una situazione del mondo fenomenico che non appare passibile di abrogazione. Invero, l'abrogazione può riguardare la sfera precettiva del dover essere, non quella, appunto, fenomenica dell'essere. E se non può esservi dubbio che un decreto ministeriale a contenuto regolamentare non possa sopravvivere al testo legislativo per la cui attuazione è stato emanato o dal quale comunque è legittimato (simul stabunt, simul cadent, ovviamente), appare difficile sostenere che un impianto giudicato idoneo (e tale dichiarato con atto amministrativo dalla competente autorità), perda tale idoneità - si intende se non siano sopraggiunte cause esterne che su di essa possano avere inciso - perché la fonte normativa che, a suo tempo, aveva autorizzato la predetta autorità all'accertamento sia stata abrogata.
5.1. Già tali considerazioni dovrebbero orientare l'interprete verso la condivisione della opzione ermeneutica esposta nella sentenza Cutrì, ma, concentrandosi sulla specificità del caso in scrutinio, relativo alla notificazione, non a un qualsiasi soggetto diverso dall'imputato/indagato, ma al difensore dello stesso, è inevitabile fermarsi a riflettere (come del resto si fa nella predetta pronunzia della Sesta Sezione) sul dettato del comma 2-bis dell'art. 148 cod. proc. pen. («L'Autorità giudiziaria può disporre che le notificazioni o gli avvisi ai difensori siano eseguiti con mezzi tecnici idonei. L'Ufficio che invia l'atto attesta in calce ad esso di avere trasmesso il testo originale»). Orbene, non v'è ragione di ritenere che tra i "mezzi tecnici idonei" non possano essere ricompresi gli strumenti atti alla trasmissione telematica, se essi siano in grado di fornire prova della trasmissione stessa e della avvenuta ricezione, garanzie che il sistema della P.E.C. è certo in grado di assicurare.
D'altra parte, la giurisprudenza della Corte di cassazione non ha mai dubitato che, ad esempio, espressioni ben più ampie che caratterizzano talune "norme aperte" (anche norme incriminatrici) possano essere lette nel senso di includere nella previsione del legislatore gli strumenti telematici, anche se non esplicitamente indicati dalla attera legis. Si pensi ad esempio al riferimento a «qualsiasi altro mezzo di pubblicità» di cui al comma 3 dell'art. 595 cod. pen., che ha consentito di ritenere aggravata la diffamazione consumata tramite internet (cfr. Sez. 5, n. 40980 del 16/11/2012, Nastro, Rv 254044; Sez. 5, n. 29221 del 06/04/2011, De Felice, Rv 250459), si pensi allo stesso dettato costituzionale, che, all'art. 21, accanto alla parola e allo scritto (e in particolare alla stampa), prevede «ogni altro mezzo di diffusione».
Invero, saggiamente, tanto il Costituente, quanto il legislatore non hanno ritenuto opportuno elencare "i mezzi tecnici idonei" alla trasmissione di notizie (ma anche di opinioni, concetti e critiche), vincolando l'interprete nel recinto di un numerus ciausus, ma, in considerazione della imprevedibilità (e della celerità) del progresso tecnologico, hanno preferito elaborare categorie generali (quale appunto quella dei "mezzi tecnici idonei" del comma 2-bis dell'art. 148 cod. proc. pen. e gli altri sopra ricordati), lasciando all'interprete il compito di verificare se, alla luce delle nuove e continue innovazioni tecniche e alla immissione sul mercato di nuovi strumenti comunicativi, la fattispecie concreta possa essere ricondotta a quella astratta prevista dalla norma.
5.2. E dunque: se pure non fossero mai state emanate le disposizioni normative sopra più volte richiamate (d.l. 112/2008 convertito dalla legge 133/2008, d.l. 179/2012, convertito dalla legge 245/2012, legge 221/2012), già la ricordata disposizione del vigente codice di rito avrebbe consentito (a far tempo dalla introduzione del comma 2-bis nell'art. 148, vale a dire sin dal 2001) la notificazione al difensore tramite P.E.C.
Ma, per quel che si è sostenuto sopra, si deve affermare che, a far tempo dal giorno 1° ottobre 2012, il Tribunale di Torino e la Procura della Repubblica presso il predetto Tribunale ben potevano procedere (da allora a tutt'oggi) alle notificazioni e alle comunicazioni tramite P.E.C. a tutti i soggetti diversi dall'imputato/indagato (e, a maggior ragione, al difensore dello stesso), stante l'esplicito dettato dell'art. 148 comma 2-bis del codice di rito e - oltretutto - il chiarissimo dictum della sentenza delle Sezioni Unite n. 28451 del 28/04/2011, Pedicone, Rv 250121, per la quale la notificazione alla parte privata, se deve essere eseguita mediante consegna al difensore, ben può essere eseguita tanto a con l'uso del telefax, quanto con l'uso di altri mezzi idonei a norma dell'art. 148 comma 2-bis cod. proc. pen.
5.3. In altre parole (e per riferire i principi sopra enucleati al caso in scrutinio): a) le notifiche al difensore ben possono essere effettuate con (qualsiasi) strumento idoneo sin dalla data di entrata in vigore della legge 438 del 2001 (che ha introdotto il comma 2-bis nell'art. 148 del codice di rito); b) tale strumento idoneo, limitatamente al Tribunale e alla Procura di Torino è costituito anche dalla P.E.C., a far tempo dal giorno 1° ottobre 2012, in forza del decreto ministeriale 12 settembre 2012; c) a far tempo dalla medesima data e sempre con riferimento ai due sopra indicati Uffici giudiziari piemontesi, le notifiche possono essere effettuate tramite P.E.C., oltre che ai difensori, a tutti gli altri soggetti diversi dall'imputato/indagato.
6. Conseguentemente, la prima censura va dichiarata infondata e, al contempo deve essere affermato il seguente principio di diritto:
"Anche dopo l'entrata in vigore del d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, e relativa conversione in legge, sono valide le notificazioni a persona diversa daH'imputato o indagato eseguite per via telematica, ai sensi del d.l. 25 giugno 2008, n. 112, e relativa conversione in legge, dagli Uffici giudiziari già autorizzati dal decreto 1° ottobre 2012 del Ministro della Giustizia".
7. Si può quindi passare all'esame delle altre censure.
Esse sono inammissibili per manifesta infondatezza e per genericità. Invero il Collegio cautelare ha posto in evidenza, quanto alla rapina in data 22 ottobre 2013, che l'arresto dell'indagato è avvenuto nella quasi-flagranza di reato; quanto poi alla rapina del 17 dicembre 2012, il Tribunale ha ricordato: a) il fatto che la vittima riconobbe il ****, avendo visto una sua foto pubblicata sui giornali (dopo l'arresto per la rapina dell'ottobre 2013); b) il fatto che la consulenza antropometrica affermò la compatibilità delle fattezze dell'indagato con quelle dell'individuo ripreso dalle telecamere di una gioielleria vicina a quella della vittima; c) la identità del modus operandi dei due rapinatori nell'esecuzione della due rapine (un uomo e una donna, identificata nella compagna del ****). Inoltre è stato posto in evidenza come la rapinata, Adriana Sacco, abbia riconosciuto i gioielli sottrattile. Ad abundantiam, il provvedimento impugnato pone anche in evidenza che il **** e la sua convivente, separatamente ascoltati, resero versioni degli accadimenti che li riguardano significativamente non compatibili.
7.1. Quanto alle esigenze cautelari, il Tribunale torinese ha anche posto in evidenza la gravità dei fatti addebitati al ricorrente, gravità desunta dalle stesse modalità dell'azione, nonché dal fatto che evidentemente le rapine furono attentamente preparate (anche, come risulta dagli atti, con una preventiva ispezione dei luoghi) e professionalmente eseguite; è stata anche valutata la entità delle lesioni procurate alle vittime, duramente percosse, e la circostanza che l'indagato deteneva armi ad aria compressa. Da tali elementi è stata desunta, certo non illogicamente, la sussistenza del pericolo di reiterazione, opinandosi che si sia trattato di condotte non occasionali, anche in considerazione dei precedenti del ****, che, per sua stessa ammissione, ha riportato condanna per furto in Belgio. Lo stesso dunque è stato giudicato persona incline a delitti contro il patrimonio.
7.2. Quanto al pericolo di fuga, esso è stato desunto: a) dal fatto che il ricorrente ha dato prova di potersi muovere disinvoltamente tra l'Europa orientale e quella occidentale; b) dal fatto che egli conserva salde radici in Ucraina; c) dal reperimento nella sua auto di documentazione (all'esame degli inquirenti) relativa a molte altre persone (il che ha lasciato ragionevolmente presumere che egli abbia rapporti e legami con una "rete" di soggetti operanti anche all'estero); d) dal rinvenimento di allarmanti disegni e schemi tecnici relativi a un fucile d'assalto.
Si tratta, ad evidenza, di fatti e circostanze che il Tribunale piemontese ha motivatamente ritenuto atti a giustificare, di per sé, la instaurazione e il mantenimento della custodia carceraria, come unica, necessaria e insostituibile, misura cautelare adeguata, di talché il Collegio giudicante, una volta illustrata la situazione di cui sopra, non aveva obbligo alcuno di motivare specificamente anche sulla inapplicabilità di misure alternative a quella intramuraria.
7.3. Quanto infine all'ultima censura, relativa alla mancata autorizzazione ai colloqui tra l'indagato e la madre residente all'estero, trattasi ovviamente di una modalità esecutiva della custodia cautelare; modalità giustificata, evidentemente, da ragioni di tutela della attività di indagine. La limitazione predetta, dunque, non costituisce misura coercitiva autonoma e può essere oggetto di impugnazione solo unitamente al provvedimento cautelare nella sua interezza, attenendo, appunto, alle esigenze di cui all'art. 274 del codice di rito. In ordine ad esse, il Tribunale si è determinato con motivazione che, per quanto sopra si è scritto, non appare meritevole di censura.
8. Conclusivamente, il ricorso merita rigetto e il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali. La Cancelleria provvederà alle comunicazioni di rito alla Autorità penitenziaria.

                                                                             P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti previsti dall'art. 94 comma 1-terdisp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 26/06/2015.