E’ ammissibile, ex art. 99 C.p.p., la proposizione della domanda di oblazione da parte del difensore dell’imputato non munito di procura speciale, csotituendo un atto di mero impulso processuale inidoneo a determinare di per sé alcuna situazione processuale irreversibile sull’esito del procedimento. 


Fatto

 

1. Con sentenza in data 7 ottobre 2008, il Tribunale di Bologna, in composizione monocratica, dichiarava ***** colpevole del reato previsto dagli artt. 81 cpv. c.p., 256 comma 1 e 279 comma 2 del d. lgs. n. 152 del 2006, e con le attenuanti generiche lo condannava alla pena di euro 300 di ammenda, in relazione al fatto di cui all'art. 279 comma 2 e a quella di euro 6.000 di ammenda per i fatti di cui all'art. 256 del citato decreto (fatti accertati in Bentivoglio il 16 agosto 2006).
Il giudizio traeva origine da un'opposizione a decreto penale di condanna, emesso dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bologna in data 26 ottobre 2006, proposta in data 29 maggio 2007 dal difensore di fiducia dell'imputato, che contestualmente chiedeva per il suo assistito l'ammissione all'oblazione ai sensi dell'art. 162-bis c.p.
In data 27 giugno 2007 il predetto G.i.p. emetteva decreto di citazione a giudizio, ex art. 557 c.p.p. All'udienza dibattimentale del 19 marzo 2008 il difensore depositava, per la prima volta, una procura speciale, datata 28 maggio 2007, conferitagli dall'imputato ai fini della proposizione della domanda di oblazione.

Il Tribunale, dichiarata la contumacia dell'imputato e revocato il decreto penale, rilevava, quanto alla domanda di ammissione all'oblazione formulata contestualmente all'atto di opposizione al decreto penale, che essa era stata proposta dal difensore non munito di procura speciale, e quindi da un soggetto non legittimato a formularla, trattandosi, per costante insegnamento giurisprudenziale, di un diritto personale dell'imputato; e, quanto alla reiterazione della domanda presentata in udienza, che ad essa ostava "il chiaro disposto dell'art. 162 [recte, art. 4 64] comma 3 c.p.p.".

2. In data 26 novembre 2008 l'imputato, a mezzo del suo difensore, *****, proponeva ricorso per cassazione avverso la predetta sentenza, nonché avverso l'ordinanza dichiarativa di inammissibilità della domanda di oblazione, deducendo, in primo luogo, l'inosservanza ed erronea applicazione degli art. 99 c.p.p. e 162bis c.p., in relazione alla ritenuta inammissibilità della domanda di oblazione.
Si esponeva, in particolare, nell'atto di impugnazione:

a) che il difensore, nominato in occasione della notifica del decreto penale di condanna, aveva in effetti firmato personalmente l'atto di opposizione con contestuale richiesta di oblazione;

b) che il G.i.p. aveva ordinato di procedere con rito immediato, e in tale sede la difesa aveva rilevato la mancata ammissione all'oblazione, questione sulla quale il Tribunale di Bologna aveva conseguentemente provveduto con l'impugnata
ordinanza;

c) che l'interpretazione data al riguardo dal Tribunale, anche se in linea con un orientamento giurisprudenziale, secondo cui la domanda di oblazione può' essere proposta esclusivamente dal contravventore ovvero dal difensore munito di procura speciale, non poteva essere condivisa per le seguenti ragioni:

1) l'art. 162-bis c.p., pur menzionando in due occasioni (sia al comma primo che al secondo) il contravventore, non contempla l'obbligo di provvederepersonalmente;

2) l'oblazione costituisce per la persona del contravventore un indubbio vantaggio, garantendogli, a fronte della rinuncia a provare la propria innocenza, l'estinzione del reato attraverso una preventiva disamina che rientra comunque nell'ambito della difesa tecnica; una scelta siffatta non mette in pericolo valori tali da dover essere tutelati attraverso il ricorso a quella forma di ulteriore garanzia rappresentata dalla procura speciale;


3) l'ordinamento si preoccupa di apprestare particolari garanzie solo in determinate situazioni, stante la delicatezza del contesto, prevedendo espressamente che l'atto debba essere compiuto personalmente dalla parte, ovvero dal suo difensore munito di procura speciale (ad es., la richiesta di giudizio abbreviato o di applicazione della pena, la presentazione e la remissione della querela, ecc.), mentre ciò non è contemplato con riferimento alla domanda di oblazione.
Sulla base del disposto di cui all'art. 99 c.p.p., dunque, ad avviso del ricorrente doveva ritenersi che il difensore, qualora non vi sia un'espressa riserva, possa compiere tutte le attività che la legge riconosce all'imputato, e nella procedura di oblazione tale riserva non compare.

3. Con ulteriori motivi il ricorrente (subordinatamente) deduceva, altresì:

- la mancata assunzione di una prova decisiva (l'esame di un teste inserito nella lista della difesa);
la contraddittorietà ed illogicità della motivazione relativamente al giudizio di responsabilità per il superamento dei limiti nell'emissione E19, nonché la mancanza di motivazione in ordine al giudizio di irrilevanza di un documento acquisito agli atti ;
- l'inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 181 e 256 del d. lgs. n. 152 del 2006, in ordine alla natura dì materia prima secondaria degli "sfridi di laterizio" riutilizzati all'interno della ditta produttrice in assenza di operazioni di trasformazione;
- la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine all'irrilevanza della delega per asserita carenza di capacità e conoscenze sulla materia ambientale in capo al delegato.
Chiedeva, conseguentemente, l'annullamento con rinvio dell'impugnata sentenza.

4. Con ordinanza emessa in data 18 giugno 2009, la Terza Sezione penale della Corte di cassazione, cui era stato assegnato il ricorso, ha disposto la trasmissione del procedimento alle Sezioni Unite, ritenendo opportuno il loro intervento al fine di evitare un potenziale contrasto giurisprudenziale.
A tale riguardo si osserva che, nonostante una giurisprudenza pacificamente orientata a ritenere che la domanda di oblazione sia un diritto personalissimo dell'imputato, e dunque solo da questo esercitabile, non vi sono in realtà ostacoli di natura formale o sostanziale per escludere la possibilità, per il difensore non munito di procura speciale, di avanzare detta domanda nell'interesse dell'assistito. Richiamate le ragioni poste a fondamento del ricordato indirizzo giurisprudenziale, condiviso dal Tribunale di Bologna, la Terza Sezione pone in risalto le caratteristiche di fondo del sistema delineato dal legislatore ed emergente dalla regola generale, codificata nell'art. 99 c.p.p., secondo cui al difensore competono tutte le facoltà e i diritti che la legge riconosce all'imputato, a meno che gli stessi non siano personalmente riservati a quest'ultimo.
Ne deriva non solo la tassatività delle deroghe al principio generale, ma anche l'impossibilità di ogni interpretazione analogica al riguardo, essendo lo stesso legislatore a individuare espressamente le facoltà e i diritti oggetto della riserva in favore dell'imputato in relazione ai quali nessun potere sostitutivo o di rappresentanza legale è riconosciuto al difensore.
Sommariamente elencate le diverse situazioni processuali in cui l'imputato può' esercitare i suoi diritti e facoltà "personalmente o per mezzo di un procuratore speciale" (artt. 438 comma 3, 446 comma 3, 633 comma 1 e 645 comma 1 c.p.p.), l'ordinanza di rimessione pone in evidenza come nella disciplina della domanda di oblazione ex art. 162-bis c.p. (ma anche in quella ex art. 162 c.p.) sia assente ogni indicazione di una "riserva" a favore dell'imputato, con la correlativa esclusione della possibilità, per il difensore, di presentare la relativa istanza.
La formula lessicale usualmente impiegata nelle citate disposizioni normative del codice di rito non viene del resto menzionata neanche nell'ambito del procedimento di oblazione disciplinato dall'art. 141 disp. att. c.p.p.
Inoltre, con riguardo allo stesso procedimento di opposizione al decreto penale, l'art. 461 comma 1 c.p.p. stabilisce che l'opposizione possa essere proposta dall'imputato, ovvero "a mezzo del difensore eventualmente nominato", così implicitamente confermando che non si tratta di una facoltà che debba essere esercitata esclusivamente dall'imputato.
E ancora, la possibilità di presentare la domanda di oblazione contestualmente all'opposizione al decreto penale (ex art. 464 comma 2 c.p.p.) costituisce, ad avviso della Sezione rimettente, un ulteriore argomento a sostegno della soluzione prospettata, apparendo contraddittorio attribuire al difensore la possibilità di presentare l'atto di opposizione e (contestualmente) la domanda di oblazione a norma degli artt. 461 comma 1 e 464 comma 2 c.p.p., richiedendo al contempo - per una "parte" di quello stesso atto -il rilascio di una procura speciale.
Si sottolinea infine che l'ordinanza di ammissione del contravventore al pagamento di una somma di denaro costituisce un provvedimento processuale interlocutorio e che, in ogni caso, la norma di chiusura dettata dall'art. 99 comma 2 c.p.p. consente all'imputato di togliere effetto alla richiesta di oblazione avanzata dal difensore, rimanendo egli il dominus in ordine alla possibilità o meno di accedere a tale strumento.

5. Il Presidente Aggiunto, visti gli artt. 610 comma 3 e 618 c.p.p., con decreto emesso in data 27 luglio 2009 assegnava il ricorso alle Sezioni Unite penali per l'odierna udienza.

 

Diritto

 

1. La questione di diritto per la quale il ricorso è stato rimesso alle Sezioni Unite è così riassumibile:

"Se la domanda di oblazione di cui agli artt. 162 e 162-bis c.p. possa essere proposta (nella specie, in sede di opposizione a decreto penale) dal difensore dell' imputato non munito di procura speciale".

2. La giurisprudenza di legittimità, nelle non molte occasioni in cui ha affrontato la questione, si è sempre espressa, a quanto consta, nel senso della inammissibilità di una domanda di oblazione presentata dal difensore dell'imputato non munito di procura speciale.
2.1. In particolare, Sez. Ili, n. 11591, 11 ottobre 2000, Parrello, che si è maggiormente diffusa sul tema, ha osservato che la facoltà di proporre la domanda di oblazione può' essere esercitata esclusivamente dall'imputato, ossia dalla persona (il contravventore) cui l'ordinamento l'attribuisce, configurandosi "necessariamente quale diritto personalissimo" che implica la rinuncia dell'imputato a far valere le proprie difese nei confronti della contestazione, in vista della estinzione del reato. A sostegno dell'assunto si adduce:
a) l'argomento contrario, basato sul riferimento alla disposizione di cui all'art. 99 c.p.p., è inconferente ai fini della legittimazione del difensore - non munito di procura speciale alla presentazione della domanda di oblazione nell'interesse dell'imputato, poiché i poteri e le facoltà cui si riferisce tale norma sono quelli attribuiti all'imputato dallo stesso codice di rito al fine di assicurarne una più compiuta difesa, non ostacolata da rilievi di carattere formale;
b) il diritto, o la facoltà, di oblazione non costituisce un istituto di natura processuale, ma una causa estintiva del reato, disciplinata in via esclusiva dal codice penale in ordine alla individuazione del soggetto che deve proporre la domanda, dei reati per i quali è ammessa, della entità delle somme dovute, oltre che delle cause di esclusione oggettive e soggettive; mentre il disposto di cui all'art. 141 disp. att. c.p.p., regola il solo iter procedimentale della domanda di oblazione;
c) la normativa sostanziale (sia l'art. 162 che l'art. 162-jbis c.p.) attribuisce al solo contravventore la facoltà di esercizio del corrispondente diritto, mentre il codice di rito non disciplina l'oblazione se non nei limiti precisati, mostrandosi pertanto non utile al fine di sostenere la possibilità di esercizio della medesima facoltà da parte del difensore;
d) proprio dai limiti che incontra il difensore nell'esercizio dei diritti e delle facoltà che spettano all'imputato in relazione a tutta una serie di situazioni descritte dal codice di rito (quali, ad es., la richiesta di giudizio abbreviato di cui all'art. 438 comma 3, o l'applicazione della pena su richiesta delle parti ex art. 446 comma 3 ovvero, ancora, la rinuncia all'impugnazione di cui all'art. 589 comma 2 c.p.p.), si evince che la facoltà di oblazione non può' essere esercitata per conto dell'imputato: in tutte le ipotesi sopra menzionate, infatti, la scelta del rito, o l'esercizio di una facoltà, determinano una rinuncia al diritto di difendersi dalla contestazione, o, comunque, una compressione di tale diritto, così che il codice di procedura penale riserva esclusivamente all'imputato la facoltà di formulare la relativa richiesta.
2.2. Con altra pronuncia (Sez. IV, n. 5814, 1° dicembre 2004, Pisoni) è stato sostanzialmente ribadito il riferito indirizzo giurisprudenziale, evidenziandosi il profilo del carattere personalissimo della facoltà di proporre la domanda di oblazione in ragione della correlativa rinunzia da parte dell'imputato a far valere le proprie difese in vista dell'estinzione del reato.
2.3. Anche Sez. IV, n. 7575, 29 settembre 2006, e Sez. IV, n. 1221, 3 novembre 2005, Kofler si sono espresse nel senso della inammissibilità della domanda di oblazione presentata dal difensore non munito di procura speciale (o in mancanza di documentazione della stessa), senza peraltro offrire alcuna specifica argomentazione al riguardo.

3. L'art. 99 c.p.p. (rubricato "Estensione al difensore dei diritti dell'imputato") stabilisce al comma 1: "AI difensore competono le facoltà e i diritti che la legge riconosce all' imputato, a meno che essi siano riservati personalmente a quest'ultimo".
Questa norma - ripresa dal Progetto preliminare del 1978 - ha segnato, almeno dal punto di vista formale, una significativa novità nella legislazione processuale penale, introducendo una regola generale di rappresentanza legale dell'imputato da parte del difensore non contemplata nel codice del 1930.
Dato il tenore normativo, parrebbe a prima vista che alla regola posta dell'art. 99 comma 1 sia possibile derogare solo in caso di una contraria puntuale previsione di legge.

4. Non considerando la disciplina del processo minorile, che risente della particolare condizione dell'imputato-minorenne, i casi di atti espressamente riservati all'imputato, ferma la facoltà di conferire procura speciale ad actum (non necessariamente al difensore) sono, nell'ordine codicistico, la richiesta di rimessione del processo (art. 46 comma 2), le dichiarazioni orali delle parti (art. 141), l'accettazione della remissione della querela (art. 340 comma 1), la rinuncia alla udienza preliminare (art. 419 comma 5), la richiesta di giudizio abbreviato (art. 438 comma 3), la richiesta di applicazione di pena (art. 446 comma 3), la rinuncia alla impugnazione (art. 589 comma 2), la richiesta di revisione (art. 633 comma 1: che peraltro non riguarda l'imputato ma il condannato), la richiesta di riparazione per ingiusta detenzione e quella per la riparazione per l'errore giudiziario (artt. 315 e 645 comma 1: anch'esse tuttavia estranee alla posizione dell'imputato), il consenso alla estradizione (art. 701
comma 2 c.p.p., che però attiene alla particolare condizione dell'estradando); nel procedimento davanti al giudice di pace, le peculiari modalità di esecuzione della pena previste dall'art. 33 commi 1 e 2 d. lgsl. 28 agosto 2000, n. 274.
Anche la dichiarazione di ricusazione, malgrado una certa ambiguità della formulazione normativa (v. art. 38 comma 4 c.p.p.), è stata ritenuta atto riservato (Sez. un., 5 ottobre 1994, Battaggìa), escludendosi un'autonoma legittimazione del difensore, il quale, pur potendo validamente proporre tale dichiarazione, deve avere ricevuto apposito mandato.

5. Sono stati poi ritenuti dalla giurisprudenza atti "personalissimi", pur in essenza di una espressa indicazione normativa, stante la natura dispositiva dell'atto da compiere, di per sé infungibile: la rinuncia alla prescrizione (v. Corte cost., sent. n. 275 del 1990, e ora art. 157 settimo comma c.p.) o all'amnistia (ex Corte cost., sent. n. 175 del 1971). Vi sono inoltre atti che per loro natura, e non tanto per gli effetti che producono, non possono che essere resi personalmente, per lo più senza neppure alcuna facoltà di conferimento di procura speciale, implicando fatti conosciuti personalmente dal soggetto chiamato a rappresentarli e che la legge vuole attuati in forma orale attraverso l'audizione dell'imputato (interrogatori o esami, nelle varie forme previste dal codice, confronti, dichiarazioni spontanee); ovvero opzioni che si basano su dati della realtà o rapporti interpersonali appartenenti alla sfera cognitiva e volitiva dell'imputato: dichiarazione o elezione di domicilio (v. tra le altre Cass., n. 10918, sez. V, 14 ottobre 1996, Orefice), nomina del difensore, salvo quanto previsto dall'art. 96 comma 3 c.p.p., istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, ex art. 78 d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115; o su scelte strettamente personali, quale quella della lingua del processo in caso di cittadino appartenente a una minoranza linguistica, ex art. 109 comma 2 c.p.p.: v. Cass., sez. IV, n. 1221, 3 novembre 2005, Kofler; Cass., sez. Ili, n. 6365, 27 gennaio 2005, Pfostl.

6. Se si confrontano i casi sopra esposti (senza pretesa di esaustività) con la disciplina dell'abrogato codice di rito, ci si potrà avvedere che, prescindendo dagli istituti processuali affatto nuovi, tutti quelli previsti come strettamente riservati all'imputato dall'attuale normativa erano ugualmente considerati tali dal codice del 1930. Può allora dirsi che il sistema processuale tradizionalmente affianca a iniziative liberamente esercitabili dal difensore altre che per loro natura o per gli esiti che producono sono assegnate alla esclusiva manifestazione di volontà dell'imputato o comunque a forme di esternazione da lui direttamente provenienti (in alcuni casi nemmeno delegabili a terzi), pur in mancanza di espressa qualificazione normativa dell'atto come "personalissimo".
Per quello che qui maggiormente interessa, nell'ambito della categoria degli atti riservati sono generalmente annoverati quelli che sono idonei a determinare il contenuto della pronuncia o a introdurre moduli procedimentali alternativi al dibattimento o comunque a derogare alle ordinarie regole di giudizio. E questa conclusione parrebbe ora costituzionalmente imposta, considerate le regole sul "giusto processo" introdotte con la novellazione dell'art. Ili Cost. ad opera della legge costituzionale 23 novembre 1999, n. 2, con particolare riguardo al disposto dei commi terzo, quarto e quinto di detto articolo.
A prima vista, a questa ricostruzione della categoria di atti riservati potrebbe ritenersi contrastare la dottrina e la giurisprudenza (Cass., sez. Ili, n. 5588, 17 aprile 1995, Pichierri) che ammette la pronuncia di una sentenza predibattimentale ex art. 469 c.p.p. anche nel caso in cui alla udienza camerale appositamente fissata non sia comparso l'imputato; ma a ben vedere l'effetto impeditivo della pronuncia predibattimentale deriva, secondo il dettato normativo, da un atto positivo dell'imputato (opposizione), equivalendo dunque la mancata comparizione a un implicita acquiescenza alla pronuncia di una sentenza dichiarativa della improcedibilità dell'azione penale o della estinzione del reato e alla rinuncia al dibattimento.

7. Ciò chiarito, l'argomento dell'ordinanza di rimessione, che fa leva sulla tassatività delle deroghe al principio generale, e sulla necessità che i casi di atti riservati all'imputato siano espressamente nominati dal legislatore non può dunque essere condiviso.
In primo luogo, stando alla lettera della norma, l'art. 99 comma 1 c.p.p., evocando ipotesi di atti "riservati personalmente" all'imputato, non implica necessariamente l'esigenza di una previsione derogatoria formalmente espressa.
Inoltre, non vi sono indizi per ritenere che il legislatore del 1988 abbia inteso sovvertire l'elaborazione teorica e giurisprudenziale in tema di atti "personalissimi", gran parte dei quali, come appena notato, sono tuttora così pacificamente riconosciuti per la loro intrinseca natura o per la loro funzione a prescindere da un puntuale riconoscimento normativo.

8. Non appare condivisibile nemmeno l'argomento che fa leva sulla possibilità di presentare la domanda di oblazione contestualmente all'opposizione al decreto penale (ex art. 464 comma 2 c.p.p.), atto quest'ultimo certamente esercitabile dal difensore - a norma dell'art. 461 comma 1 c.p.p. - senza necessità di conferimento di procura (v. per simile puntualizzazione, tra le altre, Cass., sez. IV, n. 28078, 23 marzo 2007, Marchetti);
rilevandosi al riguardo da parte dell'ordinanza di rimessione che sarebbe palesemente contraddittorio attribuire al difensore la facoltà di presentare l'atto di opposizione richiedendosi al contempo il rilascio di una procura speciale per la parte di tale atto che riguarda la domanda di oblazione.
L'argomento non è convincente, perché le iniziative difensive ben possono essere coordinate con il rispetto delle regole preordinate al conseguimento di un determinato risultato processuale; e ne costituisce riprova l'art. 461 comma 3 c.p.p., che prevede la facoltà di chiedere, proprio con l'atto di opposizione a decreto penale, il giudizio abbreviato o l'applicazione di pena, sviluppi processuali che presuppongono una richiesta personalmente formulata dall'imputato ovvero la qualità di procuratore speciale in capo a chi la presenta.

9. Venendo al caso di specie, può innanzi tutto constatarsi che l'oblazione, al pari di altre cause di estinzione del reato, quali la prescrizione o l'amnistia, è un istituto tradizionalmente collocato nell'ambito della disciplina sostanziale.
A differenza però di quanto accade per la prescrizione o l'amnistia, nel caso della oblazione l'estinzione del reato si produce per effetto di una scelta dell'imputato; mentre negli altri due casi appena ricordati l'eventuale attivarsi dell'imputato impedisce (e non determina) l'effetto estintivo. Sicché l'imputato che rinuncia alla prescrizione o all'amnistia affronta il rischio di una condanna; quello che opta per l'oblazione ottiene solo l'effetto di determinare l'estinzione del reato, a fronte di una prestazione pecuniaria, ma senza alcuna implicazione di una qualche sua responsabilità penale, civile o amministrativa.
Fermo quanto precisato, è comunque indubitabile che con la domanda di oblazione si dà impulso a uno sviluppo processuale che, ricorrendo i presupposti di legge e verificandosi determinati adempimenti, può condurre a un condizionamento delle regole di giudizio e anzi a determinare (art. 162 c.p.) o a poter determinare (art. 162-bis c.p.) il contenuto stesso della decisione giudiziale (estinzione del reato); sicché, anche in mancanza di una espressa identificazione normativa, l'oblazione, considerata da un punto di vista sostanziale, può a buon titolo ritenersi rientrare nel novero delle scelte riservate all'imputato; restando però da stabilire quale sia specificamente l'atto della procedura idoneo a produrre tali effetti.

10. Preso atto che la domanda di ammissione all'oblazione non è espressamente nominata dalla legge quale atto riservato all'imputato, non essendo indicativo in tal senso il fatto che il codice penale si riferisca al "contravventore" quale soggetto che può essere ammesso al pagamento, occorre tuttavia verificare se essa sia di per sé irreversibilmente produttiva delle conseguenze accennate, perché in tal caso dovrebbe ritenersi che tale domanda rivesta la natura di atto "personalissimo", in base alle considerazioni sopra svolte.
Al riguardo va in primo luogo constatato che sia il comma secondo dell'art. 162 c.p. (ed. oblazione obbligatoria) sia il comma sesto dell'art. 162-jbis c.p (ed, oblazione facoltativa) prevedono che l'estinzione del reato si produce per effetto del pagamento della somma dovuta.
Inoltre, alla disciplina sostanziale si affianca altra processuale, introdotta con il vigente codice di rito all'art. 141 disp. att., che, secondo la univoca giurisprudenza (v. per tutte Cass., sez. II, n. 24062, 20 maggio 2008, Pezzuti; Cass., sez. IV, n. 17421, 18 marzo 2003, Santini; Cass., sez. I, n. 14289, 14 ottobre 1999, Tornasi), ha implicitamente abrogato la parte "procedurale" contenuta nell'art. 162-bis c.p. (in assenza, invece, di analoghe indicazioni nell'art. 162 c.p.), e in particolare quella contenuta nel comma secondo di detto articolo; con la conseguenza che per qualsiasi forma di oblazione prevista dal codice penale è unico il relativo procedimento (Cass., sez. III, n. 3027, 26 settembre 1997, Di Cecco).
Così, mentre prima dell'entrata in vigore dell'attuale codice di rito, in base all'art. 162-bis comma secondo c.p., con la domanda di oblazione il contravventore doveva depositare (a pena di inammissibilità) la somma corrispondente alla metà del massimo dell'ammenda, nel sistema attuale, in ogni caso di oblazione, in forza dell'art. 141 disp. att. c.p.p., la procedura si articola nei seguenti passaggi: domanda; acquisizione del parere del pubblico ministero; ammissione con fissazione della somma dovuta; pagamento; pronuncia di estinzione del reato.
E' il caso di notare che, d'altro canto, in varie ipotesi di "oblazioni" - in vario modo definite - previste da leggi speciali, la procedura non contempla neppure una domanda di ammissione al pagamento, essendo solo questo adempimento, prefissato direttamente dalla legge e talvolta subordinato alla verifica da parte dell'autorità di vigilanza di determinati presupposti (ad es., art. 20 e s. d. lgsl. 19 dicembre 1994, n. 758, in materia di sicurezza del lavoro) a esprimere concretamente la volontà del contravventore e a produrre conseguentemente l'effetto estintivo.
11. Appare allora che la mera domanda di oblazione non determina alcun effetto irreversibile idoneo a incidere sull'esito del procedimento.
Non solo tale domanda deve essere vagliata dal giudice nei suoi presupposti legali e - nella fattispecie regolata dall'art. 162-jbis c.p. - sulla base anche di valutazioni discrezionali; ma è con il pagamento della somma dovuta, specificata nel provvedimento del giudice, di cui deve essere dato avviso all'interessato (art. 141 comma 4 disp. att. c.p.p.), che si produce l'effetto processuale del dovere del giudice di pronunciare sentenza dichiarativa della estinzione del reato.
A fronte di una domanda di oblazione presentata dal difensore, proprio perché questa non determina di per sé alcuna situazione processuale irreversibile, l'imputato può in ogni tempo, anche dopo il provvedimento ammissivo del giudice, non solo togliere ad essa effetto mediante una dichiarazione espressa (art. 99 comma 2 c.p.p.); ma può soprattutto, decidendo di non pagare la somma determinata dal giudice, dare corso alla normale procedura di giudizio (v. tra le altre, Cass., Sez. Ili, n. 9180, 14 gennaio 2009, Taiti; Id., n. 3027, 26 settembre 1997, Di Cecco). In conclusione, non è dato rinvenire indicazioni normative, né espresse né ricavabili in via interpretativa, che ostino alla proposizione della domanda di oblazione da parte del difensore, pur in mancanza di conferimento di procura ad actum, in base alla generale abilitazione conferita dall'art. 99 comma 1 c.p.p., trattandosi di un atto di mero impulso processuale; ed essendo solo l'atto del pagamento della somma dovuta a titolo di oblazione, questo sì "personalissimo", pur se certamente delegabile, idoneo a incidere irreversibilmente sull'esito del procedimento e sulle relative regole di giudizio.

12. La sentenza impugnata deve essere dunque annullata senza rinvio, con trasmissione degli atti al Tribunale di Bologna, chedovrà prendere in considerazione la domanda di oblazione tempestivamente proposta dal difensore dell'imputato e reiterata in limine al dibattimento, adottando i provvedimenti conseguenti.
Va al riguardo ribadito che se la richiesta di oblazione sia stata correttamente proposta in sede di opposizione a decreto penale, ed erroneamente non accolta, non opera, nel conseguente giudizio di opposizione, il divieto di presentazione di (nuova) domanda, sicché è dovere del giudice del dibattimento di prendere in considerazione detta richiesta (v., ex plurimis, Cass., Sez. II, n. 24062, 20 maggio 2008, Pezzuti; Cass., sez. Ili, n. 23873, 21 maggio 2002, Monetta).

13. Nella precedente statuizione resta assorbita ogni altra questione dedotta.


P.Q.M.

 

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone trasmettersi gli atti al Tribunale di Bologna per l'ulteriore corso.
Così deciso addì 29 ottobre 2009.