In tema di detenzione illecita di sostanze stupefacenti nella casa coniugale, deve essere escluso il concorso del coniuge quando questi si limiti ad assistere in modo inerte alla perpetrazione del reato ad opera del "partner"; 


Corte di Cassazione, Sezione Sesta Penale, Sentenza 9 ottobre 2008 (dep. 27 ottobre 2008), n. 39989


In tema di detenzione illecita di sostanze stupefacenti nella casa coniugale, deve essere escluso il concorso del coniuge (e dello stesso convivente more uxorio) ex art. 110 c.p. ogniqualvolta si versi in un quadro connotato da semplice comportamento negativo di quest'ultimo (marito-moglie convivente) che si limiti ad assistere in modo inerte alla perpetrazione del reato ad opera del "partner" e non ne impedisca od ostacoli in vario modo la esecuzione, dato che non sussiste in tale caso un obbligo giuridico di attivarsi in qualche modo per impedire l'evento


REPUBBLICA ITALIANA
In nome del popolo italiano
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sezione Sesta Penale


 
composta dai Signori:
dott. Antonio Agrò                                                   Presidente
dott. Francesco Paolo Gramendola                   Consigliere
dott. Luigi Lanza                                                     Consigliere
dott. Giacomo Paoloni                                          Consigliere
dott. Lina Matera                                                    Consigliere
ha pronunciato la seguente    

                                                                                
SENTENZA


sul ricorso proposto da: C. A. S. nata il xxxxxxxxxxxx, contro la sentenza 24 novembre 2005 della Corte di appello di Bologna che ha confermato la statuizione di responsabilità della ricorrente, di cui alla sentenza 24 maggio 2005 del Tribunale di Ravenna, riducendo la pena, per il delitto di cui agli artt. 73 e 80 d.p.r. 309/90 in relazione alla detenzione di 8.879 pasticche di extasy.
Visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso.
Sentita la relazione fatta dal Consigliere dott. Luigi Lanza.
Udito il Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Giovanni D'Angelo che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso, nonché il difensore avv. Lepri che ha chiesto l'accoglimento dell'impugnazione.
 
Considerato in fatto e in diritto
 
La Corte di appello di Bologna ha confermato la responsabilità della ricorrente, con riferimento alla detenzione a fini di spaccio di 8.879 pastiglie di extasy, in concorso con G. S., suo convivente e separatamente giudicato.
La Corte distrettuale, investita del gravame a seguito di appello della C., esclusa l'ipotesi di una mera connivenza, ha affermato il pieno concorso della giovane nel delitto ex art. 73 d.p.r. 309/90, escludendo l'ipotesi del favoreggiamento personale, sul presupposto di un preesistente concorso della donna nella detenzione dello stupefacente.
In particolare la sentenza impugnata sostiene:
a)        che la C. era consapevole della presenza e della detenzione della droga ed è stata perciò coinvolta nel suo trasporto dal G.: "se infatti la giovane, pur consapevole dell'attività del convivente, avesse voluto rimanere estranea non avrebbe tollerato l'esibizione dello stupefacente e avrebbe tenuto un comportamento diverso, evitando ogni contatto con la sostanza ed i fornitori della stessa";
b)       che in ipotesi di sua estraneità "non avrebbe accettato di dormire vicino alla droga ....e non avrebbe posto in essere i plurimi tentativi di elusione e di ostacolo alle indagini" (pagg.4 e 5 sentenza II grado);
c)        che, soprattutto, "non può parlarsi di mera connivenza perché la C. non ha subito ma l'ha consentita e favorita ponendo in essere una specifica condotta concorrente rispetto a quella del G.";la presenza della droga,
d)          che la giovane ed il G. "non erano sposati e non avevano l'obbligo di convivenza, né ciò era necessario per la presenza di figli..." e che dell'appartamento era esclusiva locataria la C.;
e)           che, pertanto, "il G. era sostanzialmente un ospite... e non aveva diritto di tenere oggetti nell'immobile senza l'accordo ed il consenso dell'imputata";
f)            che "la C. poteva quindi pretendere l'allontanamento della droga ed ha quindi accettato tale presenza, consentendola";
g)          che il concorso nella detenzione "è ancor più evidente alla luce dei ripetuti tentativi di eludere le indagini".
Con un primo motivo di impugnazione il ricorso deduce testualmente la violazione dell'art. 606.1 lettera e) C.P.P. per manifesta illogicità della motivazione in punto di penale responsabilità, trattandosi nella specie di una "connivenza non punibile", essendo la C. convivente del G. S. (separatamente giudicato) ed unico ed esclusivo detentore della sostanza, ed avendo la Corte distrettuale argomentato, in modo manifestamente illogico, senza valorizzare il legame affettivo tra i due e la loro concreta convivenza, nonché dando credito ad una generica affermazione del teste S. in ordine ad un "passaggio di un pacco" (contenente denaro) dal coimputato D. L. ad essa ricorrente.
Con un secondo motivo di impugnazione il ricorrente lamenta la violazione dell'art. 606.1 lettera e) C.P.P. per mancanza di motivazione in ordine alla chiesta derubricazione del fatto-reato in una ipotesi di favoreggiamento, che sarebbe stata esclusa dai giudici di merito in quanto si è erroneamente ritenuta raggiunta la prova di un concorso nel fatto di detenzione.
Con un terzo motivo il ricorso prospetta manifesta illogicità e/o vizio di motivazione sul punto del mancato riconoscimento dell'attenuante ex art. 114 Cod. Pen. "liquidato in poche frasi" dal giudice di merito di primo grado.
Con il quarto motivo avuto riguardo alla nuova normativa sanzionatoria in tema di stupefacenti si invoca l'applicabilità dello jus superveniens intervenuto dopo la pronuncia della Corte di appello con richiesta di rideterminazione della sanzione ex art. 619.3 C.P.P. sul presupposto della non necessità di nuovi accertamenti di fatto.
I primi due motivi per la loro stretta connessione vanno congiuntamente valutati ed impongono una breve disamina dei criteri differenziali che regolano e specificano la mera connivenza rispetto al concorso di persone nel reato ed al favoreggiamento.
Per risalente e consolidata giurisprudenza, ai fini della sussistenza del concorso di persone nel reato, non basta un comune interesse accompagnato da vincoli interpersonali o un ruolo di virtuale adesione al delitto, ma occorre un contributo concreto alla realizzazione dello stesso(Cass. Penale sez. VI, 9575/99, Rv. 214317, Adotto; conformi: 3924/98, Rv. 210638).
Il concorso ex art. 110 Cod. Pen. esige infatti un contributo causale in termini, sia pur minimi, di facilitazione della condotta delittuosa, mentre la semplice conoscenza o anche l'adesione morale, l'assistenza inerte e senza iniziative a tale condotta non realizzano la fattispecie concorsuale (ex plurimis: Cass. Penale sez. IV, 3924/98, R.V. 210638, Brescia, Massime precedenti Conformi: N. 9930 del 1994 Rv. 199162, N. 11383 del 1994 Rv. 199634, N. 2 del 1995 Rv. 200310).
Più precisamente, in tema di concorso della convivente nel delitto di detenzione illecita di sostanza stupefacente nel domicilio comune, la giurisprudenza di questa Corte suprema ha già espresso, da anni, un preciso indirizzo interpretativo che puntualizza, in tali peculiari contesti, la distinzione tra connivenza non punibile e concorso nel delitto. Si è quindi sotto tale profilo affermato come debba essere escluso il concorso ex art. 110 c.p. in caso di semplice comportamento negativo di chi assiste passivamente alla perpetrazione del reato e non ne impedisce ed ostacola in vario modo la esecuzione, dato che non sussiste in tal caso un obbligo giuridico (art. 40, 2^ comma, c.p.) di impedire l'evento (cfr. Cass. pen., Sez. VI, 22 dicembre 1994, n. 12725, Riggio, m. CED 199.894 e massime successive conformi).
Ne consegue che il solo comportamento omissivo, di mancata opposizione alla detenzione in casa di droga da parte di "altri", tanto più se trattasi di persona legata da vincoli affettivi o strette relazioni personali, non costituisce segno univoco di partecipazione morale; ferma restando la regola (Cass. pen., Sez. VI, 6 febbraio 1997, n. 1108, P.M. c. Famiano, m. CED 206.785), che, ai fini della configurazione del concorso nel reato di cui all'art. 73.1 d.P.R. n. 309 del 1990, è necessario e sufficiente che taluno partecipi all'altrui attività criminosa con la semplice volontà di adesione, che può manifestarsi in forme di agevolazione della detenzione anche solo assicurando all'altro "partner" (coniuge, figlio, parente, convivente etc.) una relativa sicurezza, consistente nella consapevolezza dell'agente di apportare un contributo causale alla condotta altrui, già in atto ovvero nella disponibilità, anche implicitamente manifestata, di addurre, in caso di bisogno e di necessità, comunque una propria attiva collaborazione, per cui l'aiuto che in seguito dovesse essere prestato viene a rientrare nella fattispecie del concorso di persona nel reato e non del favoreggiamento (Cass. pen., sez. IV, 9 maggio 1997, n. 4243, ric. Contaldo, m. CED 207.799).
In conclusione, in tema di detenzione illecita di sostanze stupefacenti nella casa coniugale, deve essere escluso il concorso del coniuge (e dello stesso convivente more uxorio) ex art. 110 c.p. ogniqualvolta si versi in un quadro connotato da semplice comportamento negativo di quest'ultimo (marito-moglie‑ convivente) che si limiti ad assistere in modo inerte alla perpetrazione del reato ad opera del "partner" e non ne impedisca od ostacoli in vario modo la esecuzione, dato che non sussiste in tale caso un obbligo giuridico di attivarsi in qualche modo per impedire l'evento (Anno/Numero: 199809986-Rivista: 211587- Costantino; Conf. Asn: 199412725 Riv.: 199894 Vedi Asn: 199107370 Riv.: -190153-Vedi Asn: 199701108Riv.: 206785-Vedi Asn: 199704243 Riv.: 207799)
Orbene, nel caso di specie, il giudice di merito non ha fatto corretta ed integrale applicazione dei principi suindicati, dato che ha affermato, senza adeguata motivazione, una situazione di codetenzione della droga, escludendo ipotesi gradate, desumendola, in modo non convincente nè logico, da circostanze non univoche né puntualmente indicative di una consapevole e voluta partecipazione della donna alla attività del convivente.
Tali infatti, avuto peculiare riferimento alla concreta situazione di fatto e relazionale tra i due imputati, vanno considerate le circostanze (che sono state ampiamente valorizzate dai giudici di merito) concernenti:
· il dormire vicino al luogo di collocazione della droga (circostanza sub b);
· il non essere l'imputata in condizione di "subire" la presenza in casa dello stupefacente, per essere il G., pur convivente, un mero ospite, non titolare del contratto di locazione (circostanze sub.c, sub.d);
· il non essere i due accusati legati tra loro da vincoli formali di matrimonio o da presenza di comuni figli (circostanza sub d);
· l'essere la donna titolare del diritto di escludere la presenza di "oggetti" nella disponibilità dell'ospite, qualora da lei non voluti (circostanza sub e).
La gravata sentenza va quindi annullata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte, perché riesamini la condotta penalmente rilevante della C. e la sua qualificazione giuridica, nel rispetto dei principi suindicati, nella pienezza dei poteri di accertamento e di valutazione in fatto, nonché nella scelta dei mezzi atti alla formazione del convincimento, circa il punto annullato.
La decisione di annullamento con rinvio, assorbe i restanti motivi di ricorso atteso l'accoglimento delle doglianze in punto dì qualificazione del fatto-reato ascritto alla ricorrente.


P.Q.M.


annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello dí Bologna.
Così deciso in Roma il giorno 9 ottobre 2008
Il consigliere estensore                                                                                  Il Presidente
Luigi Lanza                                                                                                        Antonio Agrò
depositata il 27 ottobre 2008