Le Sezioni Unite, nel ribadire che l'errore di fatto verificatosi nel giudizio di legittimità e oggetto del ricorso straordinario consiste in un errore percettivo causato da una svista o da un equivoco della Corte di cassazione, hanno precisato che, qualora la causa dell'errore non sia identificabile esclusivamente in una fuorviata rappresentazione percettiva e la decisione abbia comunque contenuto valutativo, non è configurabile un errore di fatto, bensì di giudizio, come tale escluso dall’orizzonte del rimedio straordinario. 


RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza emessa il 30 settembre 2010, le Sezioni Unite penali della Corte di cassazione - in parziale accoglimento del ricorso proposto da Lorenzo Corsini avverso la sentenza di condanna pronunciata il 10 giugno 2009 dalla Corte di appello di Firenze - hanno annullato senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente ai reati di cui ai capi G e H perché estinti per prescrizione, eliminando le relative pene, e rigettato il ricorso nel resto, confermando così la condanna in relazione aH'imputazione di cui al capo N della rubrica (reato di cui agli artt. 56 e 334 cod. pen. per tentata sottrazione, mediante cessione, di quote sociali sottoposte a sequestro preventivo).
2. Contro la predetta decisione il Corsini ha proposto, ex art. 625-bis cod. proc. pen., tempestivo ricorso straordinario, deducendo un duplice errore di fatto commesso dalle Sezioni Unite in punto di ricognizione dei presupposti fattuali per la determinazione del termine di prescrizione del reato di cui al capo N.
Assume il ricorrente che la decisione impugnata è viziata da:
a) errata lettura dei verbali di udienza del giudizio di primo grado davanti al Tribunale di Firenze, da cui è derivata la considerazione di una data di udienza inesistente (23 aprile 2005) e il conseguente errore di calcolo del tempo necessario ai fini della prescrizione del reato sopra indicato;
b) errata lettura del verbale di udienza davanti alla Corte di appello di Firenze (12 marzo 2009), da cui è derivata la determinazione inesatta del calcolo dei termini di sospensione del corso della prescrizione relativo al suddetto reato.
3. Il Primo Presidente, con decreto in data 8 giugno 2011, ha assegnato il ricorso alle Sezioni Unite, in composizione del tutto diversa da quella che ha pronunciato la sentenza del 30 settembre 2010, e ha fissato per la trattazione l'odierna udienza.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Va innanzitutto ricordato che è consolidato orientamento di questa Corte, sui limiti della cognizione del giudice di legittimità in materia di ricorso ex art. 625-bis cod. proc. pen., quanto affermato dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 16103 del 27/03/2002, Basile, Rv. 221280, secondo cui Terrore di fatto verificatosi nel giudizio di legittimità e oggetto del ricorso straordinario consiste in un errore percettivo causato da una svista o da un equivoco in cui la Corte di cassazione sia incorsa nella lettura degli atti interni al giudizio stesso e connotato dall'influenza esercitata sul processo formativo della volontà, viziato dall'inesatta percezione delle risultanze processuali che abbia condotto a una decisione diversa da quella che sarebbe stata adottata senza di esso.
Tale indirizzo va confermato, assieme alla precisazione che qualora la causa dell'errore non sia identificabile esclusivamente in una fuorviata rappresentazione percettiva e la decisione abbia comunque contenuto valutativo, non è configurabile un errore di fatto, bensì di giudizio, come tale escluso dall'orizzonte del rimedio straordinario.
2. Nel solco tracciato dalla predetta pronuncia, si sono delineati, con specifico riferimento all'errore di percezione rifluente sull'accertamento della prescrizione, due orientamenti, il primo dei quali, più restrittivo, nega che la mancata rilevazione della prescrizione del reato in sede di legittimità sia riconducibile alla nozione di errore di fatto accolta daH'art. 625-bis cod. proc. pen., escludendo di conseguenza l'utilizzabilità del rimedio straordinario allo scopo di far dichiarare l'estinzione del reato (Sez. 6, n. 10781 del 24/02/2009, Bonanni, Rv. 243668). In questa pronuncia si è sottolineato che l'individuazione del momento di consumazione del reato e la verifica dell'esistenza o meno di cause d'interruzione ovvero di sospensione della prescrizione sono attività a contenuto valutativo, che richiedono un apprezzamento anche discrezionale suscettibile di previo contraddittorio e, come tale, diverso dal mero controllo formale d'immediata e indiscutibile evidenza. In definitiva, il tema dell'intervenuta o meno prescrizione del reato per cui si procede è argomento, o punto della decisione, oggetto di valutazione e giudizio, e la sua mancata trattazione nel processo in cassazione non è di regola riconducibile all'errore di fatto, tantomeno all'errore materiale, di cui all'art. 625-bis cod. proc. pen. (nello stesso senso Sez. 1, n. 41237 del 28/10/2008, Insogna, Rv. 242416 e, più recentemente, Sez.l, n. 4783 del 25/01/2011, Minardi, Rv. 249562).
3. Le Sezioni Unite ritengono di far proprio un diverso filone giurisprudenziale, il quale, più aderente all'impostazione generale delineata con la sentenza Basile, non esclude in radice la configurabilità e la rilevanza dell'errore di fatto sulla prescrizione, purché la statuizione sul punto sia l'effetto esclusivo di un errore percettivo causato da una svista o da un equivoco, in cui la Corte di cassazione sia incorsa nella lettura degli atti interni al giudizio stesso e connotato dall'influenza esercitata sul processo formativo della volontà, viziato dall'inesatta percezione delle risultanze processuali, che abbia condotto a una decisione diversa da quella che sarebbe stata adottata in mancanza dell'errore. Va invece ribadita l'inammissibilità del ricorso straordinario ex art. 625-bis cod. proc. pen. tutte le volte che il preteso errore derivi da una qualsiasi valutazione giuridica o di apprezzamento di fatto (Sez. 3, n. 15683 dell' 1/03/2010, Gargiulo, Rv. 246963; Sez. 2, n. 41489 del 28/10/2010, Racchelli, Rv. 248712; Sez. 1, n. 41918 del 07/10/2009, Lako, Rv. 245058).
4. Il ricorso in esame offre la riprova della validità di questo indirizzo.
Il ricorrente denuncia l'errore di fatto nella lettura di alcuni atti inerenti ai periodi di sospensione, con riferimento al reato di cui agli artt. 81 e 334 cod. pen.. Quest'ultimo, consumato il 25 giugno 2002 e astrattamente prescrivibile alla data del 25 dicembre 2009, fu ritenuto non prescritto nella sentenza delle Sezioni Unite impugnata, per la sussistenza di periodi di sospensione per complessivi 403 giorni.
5. Il ricorrente contesta due di tali periodi, per complessivi 150 giorni, e determina il periodo complessivo di sospensione in 253 giorni, con conseguente maturazione della prescrizione alla data del 7 settembre 2010. I periodi contestati sono quello dal 23 aprile al 22 giugno 2005, per complessivi giorni 61, relativo al giudizio di primo grado, e quello dal 12 marzo al 10 giugno 2009, per complessivi 89 giorni, relativo al giudizio di appello.
6. In effetti, per il primo periodo, emerge un indubbio errore di percezione, una vera e propria "svista" da parte delle Sezioni Unite, avendo esse ritenuto essersi svolta un'inesistente udienza il 23 aprile 2005: conclusione incontestabilmente emergente dalla lettura dei verbali del processo dinanzi al Tribunale, da cui risulta che all'udienza del 12 aprile 2005, che si svolse regolarmente, vi fu un rinvio non già al 23 aprile, bensì al 23 giugno 2005 e, in quest'udienza, un ulteriore un rinvio al 23 novembre 2005.
Mentre è pacificamente computabile come sospensione il periodo intercorrente tra queste due udienze, fondatamente il ricorrente evidenzia l'errore della Corte nel computare anche quello intercorrente tra il 23 aprile e il 22 giugno (61 gg.). E che tale errore prescinda da ogni valutazione giuridica o di fatto e sia il frutto di una mera svista è di lampante costatazione.
7. A diversa conclusione deve giungersi per quanto concerne il periodo di sospensione dal 12 marzo 2009 al 10 giugno 2009, relativo al procedimento di secondo grado.
Dal verbale del 12 marzo 2009 risulta che il Corsini fu assistito dall'avvocato Luparia e dall'avv. Buttiglione, quale sostituto processuale dell'avv. Sgubbi, che aveva fatto pervenire «richiesta di posticipare il proprio intervento difensivo ad altra udienza essendo [...] impegnato in altro processo», fornendo documentazione del concomitante impegno. L'udienza proseguì con la raccolta delle conclusioni del pubblico ministero e del rappresentante di una parte civile e venne poi rinviata al 10 giugno 2009 per le conclusioni del rappresentante di un'altra parte civile e dei difensori del Corsini, tra cui l'avvocato Sgubbi.
Nella sentenza impugnata, il periodo dal 12 marzo al 10 giugno fu ritenuto periodo di sospensione, in quanto si considerò che il rinvio del 12 marzo fu determinato da concomitante impegno di uno dei difensori del Corsini.
Trattasi di una questione che inevitabilmente implica una valutazione di un fatto processuale, di per sé incompatibile con la nozione di errore di fatto normativamente accolta, come tutte quelle, ben evidenziate dalla citata sentenza Racchelli, relative alla qualificazione del rinvio ai fini dell'applicazione della disciplina della sospensione del corso della prescrizione, all'apprezzamento in ordine all'addebitabilità del rinvio alla parte privata, alla qualificazione della causa di rinvio ai fini dell'applicazione o meno del termine di sospensione.
Nel caso in esame, la conclusione cui è pervenuto il giudice di legittimità con la sentenza impugnata costituisce l'esito dell'apprezzamento di quanto emerge dal verbale d'udienza del giudizio d'appello, aperto alle ore 10,12 e chiuso alle ore 11, udienza in cui risultano essere stati presenti tutti i protagonisti che avrebbero dovuto prendere la parola, ad eccezione del solo avv. Sgubbi, cioè di colui che aveva richiesto il rinvio dell'udienza pur avendo nominato un suo sostituto processuale.
Trattasi di una conclusione che, quale che sia la sua opinabilità, è frutto di un processo valutativo nella lettura del verbale e non costituisce l'errore di fatto che legittima il ricorso straordinario di cui all'art. 625-bis cod. proc. pen., il quale consiste, come si è innanzi precisato, in un errore percettivo causato da una svista o da un equivoco in cui la Corte di cassazione sia incorsa nella lettura degli atti interni al giudizio stesso.
Anche a voler concedere che la decisione di escludere la ricorrenza dell'applicabilità dell'art. 129, comma 1, cod. proc. pen. sia stata erronea, dalla lettura della sentenza impugnata e del verbale dell'udienza sopra indicata emerge che essa fu l'esito non già di una fuorviata rappresentazione percettiva, bensì di una valutazione, che può integrare in ipotesi errore di diritto, ma non errore di fatto rimediabile con il mezzo straordinario introdotto dall'art. 625-bis cod. proc. pen.
8. Da tali considerazioni deriva che, dai periodi di sospensione calcolati nella sentenza impugnata, vanno sottratti soltanto i sessantuno giorni che si riferiscono al processo di primo grado, mentre non possono detrarsi i giorni intercorrenti tra le udienze del 12 marzo e del 10 giugno 2009, svoltesi nel procedimento d'appello. Ne consegue che il reato, alla data del 30 settembre 2009, non era prescritto.
9. Il ricorso è, dunque, infondato e va rigettato, con condanna del ricorrente, ex art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento.
 

                                                                                                      P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 14/07/2011.