Non è censurabile in sede di legittimità la valutazione circa la sussistenza dell’impedimento del presidente del tribunale di prevenzione, in forza del quale il componente anziano deve sottoscrivere il provvedimento anche per il presidente impedito.  


Rilevato in fatto

 


Con decreto del 20/9/2005 il Tribunale di Avellino ha respinto la proposta del Procuratore della Repubblica del medesimo Tribunale di applicazione nei confronti di ***** della misura di prevenzione della sorveglianza speciale della pubblica sicurezza, con obbligo di soggiorno nel comune di residenza, per la durata di anni tre, con contestuale ritiro della patente di guida, ai sensi della legge 31/5/1965, n. 575.
La proposta non accolta era stata formulata sul presupposto della sussistenza di indizi dell'appartenenza del ***** ad una associazione di stampo camorristico operante nel territorio della provincia di Avellino e denominata clan Genovese. Avverso il provvedimento di rigetto ha presentato appello il Procuratore della Repubblica; e la Corte di appello di Napoli con decreto n. 62/08 depositato il 31/3/2008, in riforma di quello impugnato, ha disposto l'applicazione nei confronti del ***** della misura di prevenzione della sorveglianza speciale, con obbligo di soggiorno nel comune di residenza per la durata di anni tre e con imposizione di una cauzione di € 5.000,00.
La Corte di appello ha osservato che l'esistenza del detto clan camorristico costituiva dato pacifico in quanto accertato con sentenza 2/8/2002 con la quale il GIP del Tribunale di Napoli, all'esito di giudizio abbreviato, aveva condannato per il reato di partecipazione alla stessa organizzazione criminosa tra gli altri tali *****, ***** e *****, peraltro assolvendo per non avere commesso il fatto dalla medesima imputazione il ***** sul presupposto che gli elementi di accusa, costituiti dalle risultanze di alcune intercettazioni ambientali e dalle dichiarazioni del coimputato *****, non erano stati ritenuta idonei a giustificarne la condanna. Infatti, non era possibile attribuire tutte le telefonate al ***** e nella menzionata sentenza del 2/8/2002 erano state dal GIP valutate di dubbia attendibilità, in quanto generiche e prive di riscontro, le dichiarazioni del ***** il quale, iniziando dopo l'arresto a collaborare, aveva indicato nel ***** un componente del clan Genovese con il ruolo di picchiatore, come personalmente constatato in occasione da uno specifico episodio, riferito nel suo svolgimento e nel suo sviluppo, nel corso del quale vi era stata da parte del medesimo l'aggressione fisica di esso ***** e del *****, oltre che il ferimento di quest'ultimo ad opera di *****. Tali dichiarazioni del *****, per il GIP, si ponevano, inoltre, in contrasto con dichiarazioni, giurate, prodotte dalla difesa, di diverse persone che avevano tra l'altro parlato di ragioni di rancore del predetto nei riguardi del *****. La Corte di appello ha posto in rilievo nel provvedimento impugnato che, successivamente a tale sentenza del GIP, il PM aveva già avanzato in data 11/4/2003 una proposta di applicazione al ***** della stessa misura di prevenzione poi disposta indicando, a dimostrazione dell'appartenenza dello stesso al sodalizio, un'informativa dei Carabinieri del 19/2/2002, che riportava altre intercettazioni ambientali del 25/9/2000 e dell'8/1/2001 dalle quali era emerso che si era parlato del medesimo ***** come di un esponente del clan Genovese, nonché le dichiarazioni rese dallo ***** il 15/10/2001, il 18/10/2001, il 20/10/2001, il 7/11/2001 e il 26/2/2002. Il Tribunale di Avellino aveva però rigettato la proposta ritenendo precluso l'esame di detti elementi in quanto, secondo la Corte di appello, aveva affermato erroneamente che erano già stati oggetto di valutazione nella sentenza del GIP di assoluzione. Ad avviso della corte territoriale, invece, da detta sentenza emergeva che il giudicante, quando aveva valutato la posizione del *****, non aveva preso in esame la conversazione dell'8/1/2001 ai fini della verifica dello specifico episodio raccontato dal ***** e che le dichiarazioni dello ***** del 7/11/2001 e del 15/11/2001, le sole portate alla conoscenza del GIP, non erano state da costui vagliate perché inutilizzabili in quanto versate in atti dopo la richiesta di giudizio abbreviato avanzata dal *****. Ha aggiunto la Corte di appello che il 16/9/2003 era stata fatta dal Questore di Avellino altra richiesta di applicazione nei confronti del ***** della misura di prevenzione della sorveglianza speciale della pubblica sicurezza con obbligo di soggiorno nel comune di residenza per anni tre, fondata su un decreto del GIP del Tribunale di Ariano Irpino del 4/2/2003 di condanna di quest'ultimo per il reato di rissa e per la pendenza a carico di un procedimento penale per il delitto di estorsione aggravata dalle modalità mafiose. Il Tribunale di Avellino, però, con decreto del 26/10/2004 aveva respinto la richiesta del Questore osservando che la rissa costituiva un episodio di nessun significato, l'estorsione era rimasta fatto isolato e risalente al 1999 mentre la partecipazione mafiosa era stata esclusa con la sentenza del 2002 e, secondo quanto si evinceva dalla sentenza di condanna, la vittima del fatto estorsivo era stata aggredita dai correi. Era seguita la proposta del PM, poi respinta dal Tribunale il 20/9/2005 sul rilievo che non poteva tenersi conto della condanna per estorsione del 1999 né delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia ***** e *****, trattandosi di elementi già vagliati nei precedenti decreti non impugnati e nelle sentenze di merito, e che gli unici elementi nuovi non erano significativi di un'appartenenza mafiosa. Secondo la Corte di appello, appariva evidente l'errore in cui era incorso il Tribunale in quanto le dichiarazioni del ***** mai erano state prese in considerazione nei precedenti provvedimenti e quelle dello *****, anche se erano state menzionate, non erano state valutate da alcun giudice, pur essendo di notevole importanza ai fini del giudizio sulla pericolosità del *****. Per il collegio assumevano significato anche le frequentazioni del ***** con tali ***** e ***** in quanto si trattava di soggetti arrestati in flagranza di un'estorsione con il fratello del ***** e proprio di coloro che, insieme ad altri, avevano reso le dichiarazioni prodotte dalla difesa sulla base delle quali il GIP nel 2002 aveva ritenuto non credibili le dichiarazioni del *****. Significativa appariva anche la circostanza, evidenziata nella informativa dei Carabinieri, che ***** tenesse appesa in carcere una foto del *****, emblematica del legame tra i due. Avverso il decreto della Corte di appello applicativo della chiesta misura di prevenzione hanno proposto ricorso per cassazione il difensori del *****, Avv. ***** e Avv. *****. Il primo difensore ha dedotto tre doglianze. Con la prima ha eccepito la nullità del decreto della Corte di appello per mancanza di un requisito formale, osservando che in calce al provvedimento era stata apposta la sola firma del consigliere estensore, che aveva sottoscritto anche, quale consigliere anziano, in sostituzione del presidente trasferito ad altra sede, trasferimento che a suo giudizio non poteva ritenersi impedimento tale da giustificare la sottoscrizione per il presidente.
Con il secondo motivo di ricorso ha lamentato la nullità del decreto per violazione del giudicato ai sensi degli artt. 648 e 649 cod. proc. pen., in quanto il collegio aveva utilizzato risultanze investigative risalenti nel tempo e già esaminata nei provvedimenti di rigetto delle proposte da parte del Tribunale di Avellino, le cui decisioni mai erano state impugnate, con la conseguenza che su di esse si era formato il giudicato. In assenza di elementi nuovi, non era possibile una rivalutazione di quelli già esistenti ed apprezzati dal Tribunale che non li aveva ritenuti sufficienti a giustificare l'irrogazione delle chiesta misura. Con il terzo motivo il ricorrente ha dedotto la mancanza dell'attualità della ritenuta pericolosità sociale, necessaria ai fini dell'applicazione della misura di prevenzione. L'avv. ***** ha svolto due motivi di ricorso censurando la decisione per violazione dell'art. 649 cod. proc. pen. in senso analogo al codifensore e concludendo che illegittimamente la Corte di appello aveva ritenuto censurabili o insufficienti, e perciò rivedibili, le valutazioni in precedenza espresse, tra l'altro con motivazione illogica in ordine alla rivisitazione degli elementi a carico, già ritenuti ininfluenti nel decreto oggetto di gravame. Infine, riguardo alle affermazioni relative alla significatività delle frequentazioni del ***** con ***** e *****, ha osservato che si trattava, comunque, di incensurati e che il primo era stato prosciolto dal fatto richiamato nel provvedimento impugnato mentre il ***** arrestato non era Carlo ma Mario; e che illogicamente la Corte di appello aveva ritenuto irrilevante l'attività lavorativa svolta dal *****, al contrario del Tribunale che l'aveva presa in considerazione al fine di valutare l'adeguatezza del suo tenore di vita.
La prima Sezione penale di questa Corte, cui è stato assegnato il ricorso proposto nell'interesse del *****, lo ha rimesso alle Sezioni Unite, osservando che sussisteva contrasto giurisprudenziale sulle questioni se il trasferimento ad altra sede del presidente del collegio giudicante integrasse o meno impedimento legittimante la sottoscrizione del decreto di prevenzione da parte del solo componente più anziano del collegio e se, ove il presidente fosse stato erroneamente considerato impedito, sussistesse la nullità del provvedimento per mancanza della sua sottoscrizione ed, in caso positivo, se tale nullità si estendesse anche all'intero giudizio ovvero comportasse solo la restituzione degli atti al giudice per la integrazione del provvedimento e per il suo deposito.
Il Presidente aggiunto, con decreto in data 26 giugno 2009, ha assegnato il ricorso alle Sezioni Unite, fissandolo per l'udienza camerale del 29 ottobre 2009.


Motivi della decisione


Queste Sezioni Unite sono chiamate a risolvere la questione se il provvedimento impugnato, in quanto sottoscritto da solo consigliere più anziano del collegio quale relatore e per il presidente impedito perché trasferito in altra sede, sia affetto da nullità.
Anzitutto, va chiarito che, stante il carattere giurisdizionale del procedimento di prevenzione, il decreto con cui questo si conclude ha natura sostanziale di sentenza ( cfr. Sez. 6, Sent. n. 11662, 2/02/2006, Castelluccia, Rv 1233828; Sez. 5, Ord. n. 40995, 30/10/2002, Ferrara, Rv 223218 ), con la conseguenza che ad esso si applicano le disposizioni relative ai requisiti indicati dall'art. 546 cod. proc. pen., tra cui quello della sottoscrizione del giudice ( comma 1 lett. g), derivandone la nullità (co. 3 ) in caso di omissione: le regole dettate da tale norma sono espressione di un principio generale valido per ogni atto giurisdizionale collegiale ( Sez. 1°, Sent. n. 41000, 14/10/2008, Ruà, Rv 241432).
Tanto puntualizzato, va detto che l'impedimento, diverso dalla morte, di cui fa menzione l'art. 546 comma 2 cod. proc. pen., deve essere un impedimento effettivo, serio, grave e duraturo, tale da legittimare la sottoscrizione da parte del giudice più anziano. Così definito il concetto giuridico di impedimento, quello considerato nel caso di specie è consistito nel fatto che il presidente non aveva potuto sottoscrivere il decreto per il suo trasferimento in altra sede. Tale situazione non integra di per sé un ostacolo giuridico alla sottoscrizione di cui trattasi, non inibendo il trasferimento l'assolvimento di funzioni giudiziali collegate alla decisione ma in concreto può costituire un impedimento di fatto da accertare nel singolo caso. Precisato ciò in linea di diritto, va rilevato che nel caso in esame il componente più anziano del collegio, prima di firmare il provvedimento, ha menzionato, specificandone la natura, l'impedimento del presidente che lo aveva indotto ad apporre la sottoscrizione anche per quest'ultimo. Egli ha ciò fatto dopo avere valutato il tipo e l'entità dell' impedimento sottoposto al suo esame e dopo avere verificato che il trasferimento in altra sede del presidente in concreto integrava nella specie un impedimento che non gli aveva consentito di apporre la sottoscrizione. Vi è stato, quindi, un apprezzamento della situazione di fatto originata dal trasferimento in altra sede che ha fatto ritenere al giudice anziano la sussistenza di un caso di impedimento che rendeva necessaria la sua sottoscrizione per il presidente. Si tratta di una valutazione discrezionale, in ordine all'esistenza dell'impedimento, che ha riguardato il trasferimento in altra sede considerato come situazione di fatto che aveva nel caso in esame determinato lo stesso impedimento. Di tale apprezzamento non è previsto il sindacato in sede di legittimità, non rientrando nei poteri di questa Corte quello del controllo sulla funzione certificatrice del giudice anziano esercitata dopo una verifica della ricorrenza e valutazione oggettiva dell'impedimento, integrato dalla situazione fattuale suindicata.
Anche la giurisprudenza delle Sezioni Civili della Corte di cassazione ha evidenziato come non possa non darsi rilievo alla valutazione concreta dell'impedimento da parte del giudice che ne ha attestato la sussistenza. Significative sul punto sono la sentenza della Sez. L. n. 1028 del 4/2/1997, ric. FS spa, Rv 502174; e la sentenza della Sezione 3. n. 9616 del 16/6/2003, Rie Latta, Rv 564276. In particolare, in quest'ultima pronuncia si è posto l'accento proprio sulla discrezionalità della valutazione del giudice più anziano in ordine all'esistenza in concreto di un caso di impedimento alla sottoscrizione da parte del presidente.
D'altra parte, il ricorrente ha dedotto, senza specificarne le ragioni, che la decisione di considerare impedimento alla sottoscrizione il trasferimento in altra sede era erronea, facendo riferimento unicamente al dato oggettivo di esso e rilevando in maniera generica che di per sé non integrava un impedimento definitivo ed imprevedibile alla sottoscrizione.
La mancanza del presupposto dell'erronea considerazione dell'impedimento impedisce, in conseguenza, l'esame delle ulteriori questioni, strettamente collegate alla mancata sottoscrizione e relative alla nullità o meno del provvedimento ovvero alla mera irregolarità comportante la restituzione degli atti al giudice per l'integrazione del decreto e per il suo deposito. Le ulteriori censure mosse dal ricorrente sono prive di fondamento. E' stato affermato che il principio del "ne bis in idem" è applicabile anche nel procedimento di prevenzione ma la preclusione del giudicato opera "rebus sic stantibus" e, pertanto, non impedisce la rivalutazione della pericolosità ai fini dell'applicazione di una nuova o più grave misura ove si acquisiscano ulteriori elementi, precedenti o successivi al giudicato ma non valutati che comportino un giudizio di maggiore gravità della pericolosità stessa e di inadeguatezza delle misure precedentemente adottate ( Sez. 6, Sent. n. 25514 dell'1/3/2006 Ce, Zumbo, Rv 234995).
A tale principio ha fatto riferimento la Corte di appello la quale ha nuovamente compiuto la valutazione della pericolosità del ***** ai fini della misura di prevenzione, non applicata dal Tribunale ed in precedenza altre volte inutilmente richiesta ; e ha ciò fatto dopo avere sottoposto a vaglio, ritenendoli rilevanti per il convincimento in ordine alla pericolosità del *****, elementi non nuovi o sopravvenuti ma precedenti al giudicato i quali, però, mai erano stati apprezzati, come le dichiarazioni del *****, non prese in considerazione nei precedenti provvedimenti, e quelle dello ***** che erano state solo menzionate ma non valutate da alcun giudice. Ad avviso del corte di merito, si trattava di dichiarazioni di notevole importanza anche perché chiarivano il ruolo di capo zona svolto dal ***** nell'ambito del sodalizio criminoso ed evidenziavano il suo spessore di persona coinvolta nelle estorsioni e nel controllo di sale da gioco, in omicidi, nel traffico della droga, dimostrando in maniera adeguata l'attualità della sua pericolosità.
Quanto poi alle frequentazioni del *****, indipendentemente dal rilievo difensivo già evidenziato che il ***** arrestato nella flagranza di un'estorsione insieme con il fratello del ***** e con il ***** non era ***** ma *****, rilievo tra l'altro formulato senza alcuna certezza sul punto, come si desume dalla precisazione contenuta nel ricorso "per quanto ci è dato sapere", rimane il fatto della ripetuta frequentazione di pregiudicati da parte del ricorrente, posta in risalto nel provvedimento che indica le date in cui erano avvenute le osservazioni degli incontri, come emergenti dalla nota del Comando provinciale dei Carabinieri di Avellino in data 29/11/2004.
Il motivo concernente la illogicità della motivazione del decreto impugnato è inammissibile, essendo il ricorso per cassazione avverso il decreto della Corte di appello ammesso solo per violazione di legge ex art. 4 comma 11 L. 27/12/1956 n. 1423.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ***** al pagamento delle spese processuali.


P.Q.M.


La Corte Suprema di Cassazione a Sezioni Unite rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.