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Massimario



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SICUREZZA PUBBLICA

Misure di prevenzione – Ambito di applicazione – Soggetti destinatari - Soggetti dediti alla commissione di delitti – Estensione alle contravvenzioni - Esclusione. (Legge 27 dicembre 1956 n. 1423, articolo 1).
Ai fini della individuazione dei soggetti che possono essere sottoposti alle misure di prevenzione, l’articolo 1, nn. 1 e 2, della legge 27 dicembre 1956 n. 1423 (cfr. ora articolo 1, lettera a) e b), del decreto legislativo 6 settembre 2011 n. 159) ha riferimento solo ai soggetti che siano sospettati di avere commesso delitti o di vivere con i proventi di attività delittuose, non potendosi ammettere un’interpretazione estensiva che attribuisca rilevanza anche alla commissione di “ contravvenzioni”.
Sezione II, sentenza 23 marzo – 3 maggio 2012 n.16348 – Pres. Fiandanese; Rel. Iasillo; Pm (conf.) Izzo; Ric. Belfiore e altri

TELECOMUNICAZIONI E NUOVE TECNOLOGIE

Informatica – Perquisizione in un sistema informatico o tematico – Condizioni – Fattispecie. (C.p.p., articolo 247, comma 1-bis).
La perquisizione prevista dall’articolo 247, comma 1-bis, del C.p.p è consentita quando vi è “fondato motivo” di ritenere che dati, informazioni, programmi informatici o tracce pertinenti al reato “si trovino” in un sistema informatico o telematico, ancorché protetto da misure di sicurezza. Ne deriva che tali dati devono essere “già” presenti nel sistema al momento in cui viene disposta ed eseguita la perquisizione. (Da queste premesse, la Corte ha rigettato il ricorso del procuratore della Repubblica avverso l’ordinanza del tribunale del riesame che aveva annullato il decreto di perquisizione e sequestro emesso dalla procura nei confronti di una compagnia area avere a oggetto le “credenziali di accesso” al sistema informatico di prenotazione dei voli on line, motivato dall’esigenza di poter identificare per tempo – in base a una serie di parametri sintomatici desumibili dalle modalità di prenotazioni dei voli – i passeggeri sospettabili di fungere da corrieri internazionali; la Cassazione ha evidenziato che tali credenziali non potevano farsi rientrare in una delle categorie di dati prese in considerazione dalla norma e, in ogni caso, non potevano ritenersi “pertinenti” a un reato non ancora concretizzatosi e neppure delineato).
Sezione IV, sentenza 17 aprile – 24 maggio 2012 n. 19618 – Pres. Sirena; Rel. Massafra; Pm (diff.) Geraci; Ric.Proc. Rep. trib.Pisa c. Ryanair ldt.

IMPUGNAZIONI PENALI

Disposizioni generali – Termini per l’impugnazione – Sentenza di patteggiamento - Fattispecie. (C.p.p., articoli 444 e seguenti, e 585)
La sentenza di patteggiamento può ritenersi dibattimentale solo quando il giudice applichi la pena richiesta solo all’esito del dibattimento (cfr. articolo 448 del C.p.p.), mentre, in tutti gli altri casi, la sentenza deve ritenersi emessa in camera di consiglio, con la conseguenza che, in tali casi, per l’impugnazione trova applicazione il termine di quindici giorni di cui all’articolo 585, comma 1, lettera a), del C.p.p..
(Da queste premesse, nella specie, la Corte ha ritenuto inammissibile per tardività, perché proposta quando era spirato il termine di quindici giorni dalla comunicazione dell’avviso di deposito del provvedimento, l’impugnazione del procuratore generale avverso una sentenza di patteggiamento emessa in camera di consiglio).
Sezione IV, sentenza 21 dicembre 2011 – 16 febbraio 2012 n. 6387 – Pres. Sirena; Rel. Blaiotta; Pm (conf.) Fodaroni; Ric. Pg appello Trieste in proc. Sulas

LAVORO

Previdenza e assistenza – Lavoratore dipendente – Contributi previdenziali e assicurativi – obblighi del datore di lavoro – Omesso versamento delle ritenute operate sulle retribuzioni – Non punibilità in caso di pagamento tardivo nei tre mesi dalla contestazione o dalla notifica dell’accertamento – Apprezzamento del rispetto del termine per il pagamento – Notifica dell’accertamento – Surrogabilità con la notifica del decreto di citazione a giudizio – Condizioni - Conseguenze. (D.l. 12 settembre 1983 n. 463, convertito dalla legge 11 novembre 1983 n.638, articolo 2, comma 1-bis).
Ai sensi dell’articolo 2, comma 1-bis, del decreto legge 12 settembre 1983 n. 463, convertito dalla legge 11 novembre 1983 n. 638, in forza del quale il datore di lavoro, che abbia omesso il versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali operate sulle retribuzioni del lavoratore dipendente, non è punibile se provvede al loro pagamento «entro tre mesi dalla contestazione o dalla notifica dell’avvenuto accertamento della violazione», deve ritenersi che, per decorso di tale termine, la notifica del decreto di citazione giudizio è equivalente alla notifica, da parte dell’Inps; dell’ “avviso di accertamento” della violazione, ove però il decreto di citazione contenga tutti gli elementi essenziali dell’avviso di accertamento (indicazione del periodo cui si riferisce l’omesso versamento delle ritenute con specificazione del relativo importo; indicazione della sede dell’ente presso la quale deve essere effettuato il versamento entro il termine di tre mesi concesso dalla legge; avviso che il pagamento consente di fruire della causa di non punibilità; sezioni Unite, 24 novembre 2011, Sodde). Da ciò consegue che quando risulti indimostrata la ritualità della notifica dell’avviso di accertamento da parte dell’Inps e il decreto di citazione a giudizio non contenga o contenga una indicazione solo parziale degli elementi propri di detto avviso, deve essere ritenuto tempestivo, ai fini del verificarsi della causa di non punibilità, il versamento delle ritenute previdenziali effettuato dall’imputato nel corso del giudizio .
Sezione III, sentenza 27 gennaio – 24 maggio 2012 n.19640 – Pres.Mannino; Rel. Fiale; Pm (diff.) Baglione; Ric.Tredicine.

LIBERTA' PERSONALE

Riparazione per l’ingiusta detenzione – Diritto all’equa riparazione – Proposizione della domanda – Presentazione da parte del difensore non munito di procura speciale – Inammissibilità - Fattispecie. (C.p.p., articoli 122, 314, 315 e 645).
In tema di riparazione dell’ingiusta detenzione, l’articolo 315 del C.p.p. richiama le norme sulla riparazione dell’errore giudiziario e, pertanto, l’articolo 645 del C.p.p. laddove è previsto che l’istanza deve essere presentata dalla parte interessata o da un procuratore speciale. Quindi, l’istanza ben può essere presentata anche dal difensore purché appunto munito di procura speciale, mentre non è appunto munito di procura speciale, mentre non è sufficiente a tal fine il mero mandato difensivo, con cui si attribuisce genericamente al difensore il potere di esercitare la difesa tecnica. (Nella specie, la Corte ha così ritenuto che correttamente era stata dichiarata inammissibile, per difetto di attribuzione di una procura speciale, l’istanza avanzata dal difensore cui era stato attribuito solo il mandato difensivo, privo dell’esplicitazione della volontà della parte di trasferire al difensore, con l’incarico defensionale, anche il potere di esercitare l’azione riparatoria; anzi, la Corte ha anche ritenuto l’irrilevanza della presenza della parte all’udienza di riparazione, trattandosi di condotta materiale inidonea a supplire al difetto originario di legittimazione all’esercizio dell’azione).
Sezione IV, sentenza 5 maggio – 11 ottobre 2011 n.36619 – Pres. Zecca; Rel. Izzo; Pm (diff.) D’Ambrosio

PROCEDIMENTO PENALE

Indagini preliminari – Chiusura delle indagini – Archiviazione – Riapertura dele indagini – Necessità – Limiti - Fattispecie. (C.p.p., articolo 414).
La preclusione alla riapertura delle indagini in mancanza di decreto autorizzativo del Gip sussiste solo con riferimento allo “stesso fatto” oggettivamente e soggettivamente considerato, sicché se il fatto, pur identico, si colloca nell’ambito di nuove indagini legittimamente disposte con riferimento ad altre ipotesi di reato, non ricorre alcun impedimento all’esercizio dell’azione penale anche con riferimento al reato oggetto di precedente provvedimento di archiviazione; cfr. sezione Unite, 24 giugno 2010, Giuliani e altro. (Nella specie, la Corte ha ritenuto correttamente esercitata l’azione penale, pur in difetto di formale decreto di riapertura delle indagini, nei confronti di un soggetto precedentemente riguardato da provvedimento di archiviazione, in una vicenda in cui risultava che le nuove investigazioni avevano riguardato in origine un altro soggetto per altra ipotesi di reato, e solo successivamente avevano portato a far emergere indizi di reato a carico del soggetto in precedenza archiviato).
Sezione VI, sentenza 24 aprile – 3 maggio 2012 n. 16358 – Pres. de Roberto; Rel. Conti; Pm (conf.) Riello; Ric. Musinu.

REATI CONTRO IL PATRIMONIO

Truffa – Soggetto raggirato diverso dal soggetto danneggiato – Rapporti reciproci – Rilevanza ai fini del reato – Fattispecie in tema di frode in occasione di contestazione di violazione amministrativa – Danno subito dall’erario – Reato - Insussistenza. (C.p., articolo 640).
Nel caso in cui il soggetto raggirato sia diverso dal soggetto danneggiato, ai fini della configurabilità della truffa è indispensabile che fra tali soggetti sussista un rapporto di rappresentanza legale o negoziale tale per cui il soggetto che subisce il comportamento dell’agente abbia la possibilità di incidere giuridicamente sul patrimonio del rappresentato, nel senso che il rappresentante abbia il potere di compiere l’atto di disposizione desinato efficacemente a incidere sul patrimonio del danneggiato per effetto di una libera scelta negoziale; mentre non basterebbe a tal fine un qualsiasi generico rapporto di interferenza tra il soggetto raggirato il soggetto danneggiato. Da ciò deriva che non è configurabile la truffa tutte le volte in cui gli artifizi o raggiri incidano sulla determinazione di un organo che, esercitando un potere di natura pubblicistica, è tenuto ad accertare una violazione amministrativa, proprio perché manca l’elemento costitutivo del reato ossia l’atto di disposizione patrimoniale di natura privatistica, anche se il mancato accertamento della violazione, determinato dalla frode, si risolva in un pregiudizio economico per l’amministrazione pubblica. (Da queste premesse, la Corte ha escluso la sussistenza del reato di tentata truffa ai danni dello Stato e annullato senza rinvio la sentenza di condanna che, invece, tale reato aveva ravvisato a carico del titolare di un’agenzia assicurativa, il quale stipulando un contratto assicurativo riportante una data diversa di decorrenza della copertura assicurativa aveva indotto in errore i Carabinieri determinandoli, con conseguente danno per l’erario, al mancato accertamento nei confronti del titolare della polizia della violazione amministrativa della circolazione su veicolo sprovvisto di copertura assicurativa).
Sezione II, sentenza 10 aprile – 4 maggio 2012 n. 16630 – Pres. Findanese; Rel. Rango; Pm (diff.) Stabile; Ric.Giddio.

REATI CONTRO IL PATRIMONIO

Truffa – Truffa processuale – Ricorso proposto producendo documentazione falsa – Configurabilità – Esclusione - Fattispecie. (C.p., articolo 640).
In tema di truffa, pur non esigendoli l’identità tra la persona indotta in errore e quella che subisce conseguenze patrimoniali negative per effetto dell’induzione in errore, va esclusa la configurabilità del reato nel caso in cui il soggetto indotto in errore sia un giudice che, sulla base della produzione di una documentazione falsa o di una testimonianza falsa, abbia adottato un provvedimento giudiziale contenente una disposizione patrimoniale favorevole all’imputato: detto provvedimento non è, infatti, equiparabile a un libero atto di gestione di interessi altrui, costituendo (non espressione di libertà negoziale, bensì) esplicazione del potere giurisdizionale, di natura pubblicistica, finalizzato all’attuazione delle norme giuridiche e alla risoluzione dei conflitti di interessi tra le parti. Gli artifici e raggiri di cui sia vittima il giudice, semmai, rilevano penalmente soltanto nei casi tassativamente descritti dall’articolo 374 del C.p., per il divieto di analogia in malam partem in diritto penale. (Da queste premesse, la Corte ha escluso potesse rilevare a titolo di tentativo di truffa il comportamento dell’imputato che, per ottenere un miglior inquadramento professionale all’interno dell’amministrazione d appartenenza, aveva proposto un ricorso al giudice del lavoro, allegando documentazione falsa).
Sezione II, sentenza 16 novembre 2011 – 12 gennaio 2012 n.498 – Pres. Esposito; Rel. Davigo; Pm (conf.) Cedrangolo; Ric.Di Ciancia.

REATI CONTRO LA PERSONA

Delitti contro l’onore – Ingiuria – Accertamento della lesività dell’espressione utilizzata – Apprzzamento nel contesto - Fattispecie. (C.p., articolo 594).
Ai fini della configurabilità del reato di ingiuria, il giudizio sulla lesione effettiva dei beni 8onore e decoro: il primo, attiene alle qualità che concorrono a determinare il valore di un individuo; il secondo, concernente il rispetto o il riguardo di cui ciascun essere umano è comunque degno) non può prescindere dal considerare se, rispetto all’ambiente nel quale una determinata espressione è profferita, la stessa si limiti alla pur aspra critica di un’opinione non condivisa ovvero trasmodi nello squalificare la persona destinataria con riguardo ai profili, appunto, dell’onore e del decoro. (Da queste premesse, è stata annullata la sentenza di assoluzione dall’imputazione di ingiuria, sul rilievo che l’espressione «lei dice solo stronzate» pronunciata, durante una riunione d’istituto, da un preside di una scuola nei confronti di un docente, in presenza di colleghi di quest’ultimo, dovesse essere rivalutata, nella sua possibile rilevanza penale, considerandone l’incidenza lesiva per l’onore e il decoro della persona offesa proprio in considerazione del contesto lavorativo e umano in cui era stata utilizzata).
Sezione V, sentenza 13 luglio – 17 ottobre 2011 n.37380 – Pres. Calabrese; Rel. Zaza; Pm (conf.) Delehaye; Ric.Pg appello Caltanissetta in poc. Scandurra.

STUPEFACENTI

Attività illecite – Detenzione – Destinazione a un uso non esclusivamente personale – Dimostrazione – Rilevanza degli indici sintomatici – Apprezzamento del giudice. (D.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309, articolo 73, comma 1-bis, lettera a).
In materia di stupefacenti, la valutazione in ordine alla destinazione della droga va effettuata dal giudice di merito, ogni qualvolta la condotta non appaia indicativa dell’immediatezza del consumo, tenendo conto di tutte le circostanza oggettive e soggettive del fatto e, in particolare, dei parametri indicati nell’articolo 73, comma 1-bis, lettera a), del D.p.r. 9 ottobre 1990 n. 309 («quantità», «modalità di presentazione», «altre circostanza dell’azione»), che appunto costituiscono criteri probatori idonei a orientare la valutazione del giudice in ordine alla dimostrazione della destinazione «a un uso non esclusivamente personale», tale da integrare l’illecito penale. Tale apprezzamento è sindacabile in sede di legittimità soltanto sotto il profilo della mancanza o della manifesta illogicità della motivazione.
Sezione IV, sentenza 14 marzo – 20 aprile 2012 n. 15445 – Pres. Sirena; Rel. Piccialli; Pm (conf.) Geraci.

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