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Massimario



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REATI CONTRO LA FAMIGLIA

Violazione degli obblighi di assistenza familiari – Incapacità economica del soggetto obbligato – Dimostrazione – Onere probatorio. (C.p., articolo 570)
In materia di violazione degli obblighi di assistenza familiare, incombe all’interessato l’onere di allegare gli elementi dai quali possa desumersi l’impossibilità di adempiere alla relativa obbligazione.
Sezione VI, sentenza 13 novembre 2008 – 21 gennaio 2009 n. 2736 – Pres. de roberto; Rel. Paoloni; Pm (conf.) Monetti.

 

Violazione degli obblighi di assistenza familiare – Ipotesi di cui al comma 2 dell’articolo 570 del C.p. – Pluralità di beneficiaria – Conseguenze – Pluralità di reati. (C.p., articolo 570, comma 2, n.2)
L’omessa somministrazione di mezzi di sussistenza (articolo 570, comma 2, n. 2, del C.p.) nell’ipotesi in cui la condotta sia posta in essere nei confronti di più soggetti conviventi nello stesso nucleo familiare non configura un unico reato,ma una pluralità di reati in concorso formale o, ricorrendone i presupposti, in continuazione tra loro (sezioni Unite, 20 dicembre 2007).
Sezione VI, sentenza 13 novembre 2008 – 21 gennaio 2009 n. 2736 – Pres. de roberto; Rel. Paoloni; Pm (conf.) Monetti.

REATI CONTRO LA PERSONA

Reati contro la libertà sessuale – Violenza sessuale – Violenza sessuale di gruppo – Caratteristiche – Concorso di persone nel reato di violenza sessuale – Differenze. (C.p., articoli 110, 609 – bis e 609 – ostie)
Il reato di violenza sessuale di gruppo, previsto dall’articolo 609 octies del C.p. costituisce una fattispecie autonoma di reato, a carattere necessariamente plurisoggettivo, che richiede, oltre all’accordo delle volontà dei compartecipi al delitto, anche la simultanea effettiva presenza di almeno due persone nel luogo e nel momento della consumazione dell’illecito, senza che, peraltro, ciò comporti anche la necessità che ciascun compartecipe ponga in essere un’attività tipica di violenza sessuale, potendo il singolo realizzare soltanto una frazione del fatto tipico ovvero concorrere solo moralmente alla commissione del fatto. Ne consegue, per esclusione, che la configurabilità del concorso di persone nel reato di violenza sessuale di cui all’articolo 609 bis del C.p., anziché del reato di violenza sessuale del gruppo, può configurarsi nella sola ipotesi del concorso morale, in tutti i casi in cui un terzo, pur non partecipando agli atti di violenza sessuale e pur non essendo ovviamente presente nel luogo del delitto, abbia istigato, consigliato, aiutato, agevolato il singolo autore materiale della violenza.
Sezione II, sentenza 27 gennaio – 19 febbraio 2009 n. 7336 – Pres. Esposito; Rel. Rago; PM (conf.) Di Casola

REATI CONTRO LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Concussione – Elemento materiale – Minaccia – Comportamento allusivo – Sufficienza – Fattispecie. (C.p., articolo 317)
Il reato di concussione può ricorrere anche in assenza di una esplicita minaccia, essendo sufficiente un atteggiamento allusivo del pubblico ufficiale, che colleghi la prestazione da parte del privato all’esercizio di pubbliche funzioni. (Per l’effetto, la Corte ha ritenuto correttamente ravvisato il reato di concussione nella condotta di un dirigente di un Asl, al quale era stato contestato si avere indotto il titolare di un ristorante a somministrare pasti gratis abusando dei suoi poteri e ciò lo aveva fatto affermando che non intendeva pagare il conto e subito dopo chiedendo al titolare dell’esercizio se era «a posto con le autorizzazioni»).
- Sezione VI, sentenza 12 dicembre 2008 – 2 febbraio 2009 n. 4377 – Pres. Di Virginio; Rel. Conti; Pm (conf.) Selvaggi; Ric.Corona

PROCEDIMENTO PENALE

Indagini preliminari – Documento anonimo – Inutilizzabilità – Svolgimento di indagini a riscontro – Ammissibilità – Fattispecie relativa ad attivazione di intercettazioni telefoniche. (C.p.p., articoli 240, 266 e seguenti e 333, comma 3; C.p.p., disposizioni di attuazione, articolo 108, e regolamentari, articolo 5)
La denuncia anonima non può essere probatoriamente utilizzata, onde in base a essa non possono essere compiuti atti, quali ad esempio le intercettazioni telefoniche, le perquisizioni o i sequestri, che presuppongono l’esistenza di indizi di reato proprio perché l’anonimo non è utilizzabile. Peraltro, non vi è dubbio che le notizie contenute nella denuncia anonima possono, anzi devono per effetto del principio dell’obbligatorietà dell’azione penale, costituire spunti per una investigazione di iniziativa del pubblico ministero o della polizia giudiziaria al fine di assumere dati conoscitivi diretti a verificare se dall’anonimo possano ricavarsi gli estremi utili di una valida notitia criminis. (Da queste premesse, se nella specie, la Corte ha ritenuto corretto che il pubblico ministero, ricevuto un anonimo, aveva operato un’iscrizione nel registro delle notizie di reato a carico di ignoti per il reato di calunnia, avviando le investigazioni utili sia a individuare l’anonimo, sia a chiarire i fatti di cui lo scritto anonimo parlava; onde, all’esito delle indagini delegate alla polizia giudiziaria, che non avevano consentito l’individuazione dell’anonimo, ma avevano portato a ipotizzare, nei fatti da questi rappresentati, la commissione di gravi reati contro la pubblica amministrazione in relazione a una gara di appalto, legittimamente il pubblico ministero aveva attivato delle intercettazioni telefoniche in relazione a due ipotesi di reato alternative, di cui sussistevano gravi indizi: ovvero la calunnia contenuta nell’anonimo oppure i gravi reati contro la pubblica amministrazione emergenti dalle indagini della polizia giudiziaria).
Sezione V, sentenza 28 ottobre 2008 – 30 gennaio 2009 n. 4329 – Pres. Ferrua; Rel. Marasca; Pm (conf.) Delehaye; Ric. Chiocci e altro.

REATI CONTRO LA FAMIGLIA

Violazione degli obblighi di assistenza familiare – Ipotesi di cui al comma 2, n.2, dell’articolo 570 del C.p. – Rapporti con l’eventuale inadempimento degli obblighi stabiliti dal giudice civile – Mantenimento e mezzi di sussistenza – Differenze – Capacità economica dell’obbligato - Rilevanza. (C.p., articolo 570, comma 2 , n. 2)
Nella nozione penalista di «mezzi di sussistenza» richiamata dall’articolo 570, comma 2, n.2, del C.p. (diversa dalla più estesa nozione civilistica di “mantenimento”) debbono ritenersi compresi – nell’attuale dinamica evolutiva degli assetti e delle abitudini di vita familiare e sociale – non più e non soltanto i mezzi di sopravvivenza vitale (quali il vitto e l’alloggio), ma altresì gli strumenti che cosentono un sia pur contenuto soddisfacimento di altre complementari esigenze della vita quotidiana (ad esempio: abbigliamento, libri di istruzione per i figli minori, mezzi di trasporto, mezzi di comunicazione). Mezzi, i primi e i secondi, da apprezzarsi in rapporto alle reali capacità economiche e al regime personale del soggetto obbligato.
Sezione VI; sentenza 28 ottobre – 2 febbraio 2009 n. 4372 – Pres. Di Virginio; Rel. Paoloni; Pm (conf.) Febbraro

REATI CONTRO LA PERSONA

Ingiuria – Critica del superiore gerarchico nei confronti del subordinato – Legittimità – Condizioni – Limiti – Offensività – Fattispecie. (C.p., articolo 594)
In tema di ingiuria, affinché una doverosa critica da parte di un soggetto in posizione di superiorità gerarchia a un errato o colpevole comportamento, in atti di ufficio, di un suo subordinato, non sconfini nell’insulto a quest’ultimo, occorre che le espressioni usate individuino gli aspetti censurabili del comportamento stesso, chiariscano i connotati dell’errore, sottolineino l’eventuale trasgressione realizzata. Se invece le frasi usate, sia pure attraverso le censure di un comportamento, integrino disprezzo per l’autore del comportamento, o gli attribuiscano inutilmente intenzioni o qualità negative o spregevoli, non può sostenersi che esse, in quanto dirette alla condotta e non al soggetto, non abbiano potenzialità ingiuriosa. (Da questa premessa, è stata condiviso l’assunto del giudice di merito che aveva ravvisato l’ingiuria a carico del presidente di una scuola che si era rivolto a un insegnate profferendo le seguenti frasi: «lei è un incapace, lei è un incompetente», sul rilievo che trattavasi di espressioni che avevano leso l’onore e il decoro del destinatario, mettendone in dubbio la capacità e la competenza, tra l’altro essendo state profferite di fronte a un’intera classe di alunni, mentre una legittima critica – con espressioni non offensive in sé – poteva essere espressa nelle sedi a ciò deputate, come nel corso di un consiglio di classe).
Sezione V, sentenza 18 dicembre 2008 – 22 gennaio 2009 n. 2927 – Pres. Amato; Rel. Didone; Pm (conf.) Fraticelli; Ric. Bianchi.

STUPEFACENTI

Illecito amministrativo – Provvedimenti a tutela della sicurezza pubblica – Sanzioni – Natura giuridica – Conseguenze – Mezzi di impugnazione – Ricorso per cassazione – Competenza della Cassazione in sede penale. (D.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309, articolo 75-bis).
In materia di sostanze stupefacenti, la sanzioni previste dall’articolo 75-bis del D.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309, applicabili dal questore e poi assoggettate alla convalida da parte del giudice di pace, essendo limitative della libertà personale, sono inquadrabili nella categoria delle misure di prevenzione, come dimostrato dal fatto che il relativo contenuto è assimilabile alle prescrizioni previste, in materia di misure di prevenzione, dall’articolo 5 della legge 27 dicembre 1956 n. 1423; da ciò consegue, quanto al regime delle impugnazioni, la competenza della cassazione in sede penale avverso il provvedimento di convalida adottato dal giudice.
Sezione VI, sentenza 9 dicembre 2008 – 27 gennaio 2009 n. 3521 – Pres. Lattanzi; Rel. Lanza; Pm (conf.) Iacoviello; Ric. Sticco.

IMPUGNAZIONI PENALI

Ricorso per cassazione – Sentenza di non luogo a procedere – Sindacato di legittimità – Contenuto – Limiti. (C.p.p, articoli 425,426,434 e 606)
Poiché la sentenza di non luogo a procedere implica esclusivamente la scelta del giudice di inibire alla stato l’esercizio dell’azione penale contro l’imputato, salvo potenziale revoca ex articolo 434 del C.p.p, tali caratteristiche si riflettono sul controllo che la Corte di cassazione può effettuare a seguito del ricorso per cassazione proposto dal pubblico ministero. Infatti, anche a fronte delle prevista motivazione sommaria di inidoneità degli elementi acquisiti per l’accusa in giudizio (Cfr. articolo 426, comma 1, lettera d, del C.p.p), il giudice di legittimità non può, né deve, verificare il puntuale rispetto dei parametri i valutativi di riferimento ai fini della potenziale condanna e non può essere esteso al convincimento esclusivamente prognostico negativo di tale condanna, proprio della sentenza di non luogo a procedere, che si riassume solo in una valutazione di inidoneità dell’accusa. In questa prospettiva, l’unico controllo della motivazione consentito in sede di legittimità, ai sensi dell’articolo 606, comma 1, lettere d, ed e), del C.p.p, concerne la giustificazione prognostica negativa della condanna resa dal giudice nella valutazione d’insieme degli elementi acquisiti dal pubblico ministero. Diversamente opinando, del resto, si finirebbe con l’attribuire al giudice di legittimità un compito di merito, in quanto anticipatorio delle valutazioni sulla prova da assumere, che si porrebbe in contrasto insanabile con la possibilità di revoca della sentenza da parte dello stesso giudice per le indagini preliminari, sopravvenute o scoperte nuove fonti di prove da combinare eventualmente con quelle già valutate (articolo 434 del codice di procedura penale).
Sezione IV, sentenza 3 dicembre 2008 – 21 gennaio 2009 n. 2669 – Pres. Brusco; Rel. D’Isa; Pm (conf.) Galasso; Ric. Proc. Rep. Trib. Pavia in proc. Pacchiarini.

LAVORO

Infortuni sul lavoro – Normativa antinfortunistica – Ambito di applicazione – Appalto – Responsabilità dell’appaltatore – Rapporti con il committente – Ambito di operatività – Fattispecie. (D.P.R. 27 aprile 1955 n. 547, articoli 4 e seguenti; D.Lvo 19 settembre 1994 n. 626, articoli 1 e seguenti; D.Lvo 9 aprile 2008 n. 81, articolo 26)
Per i lavori svolti in esecuzione di un contratto di appalto, il dovere di sicurezza grava, come in qualsiasi altra ipotesi, sul datore di lavoro, che, di regola, è l’appaltatore, destinatario delle disposizioni antinfortunistiche qualora abbia assunto il rischio inerente all’esecuzione dei lavori e la responsabilità d’organizzare il cantiere con propri mezzi e con personale da lui assunto. In caso di infortunio, è peraltro ammissibile che possano aversi intrecci di responsabilità coinvolgenti anche il committente, anche se la mancata contestazione al committente, o ad altri soggetti tenuti all’osservanza delle norme antinfortunistiche, certamente non libera colui che è parimenti tenuto a osservarle. (Da questa premessa, è stato rigettato il ricorso avverso la sentenza di condanna pronunciata a carico dall’appaltatore, ritenendosi non rilevante la circostanza che, nella specie, non fosse stato contestato al committente, come preteso dal ricorrente, il profilo di colpa sostanziatosi nel non avere provveduto alla nomina del «coordinatore per la progettazione» e del «coordinatore per l’esecuzione dei lavoratori»; e ciò anche in base al rilievo che, in ogni caso, l’appaltatore avrebbe dovuto attivarsi per tempo nei confronti del committente sollecitandolo agli adempimenti che si assumevano mancati, rifiutandosi, nelle more, di eseguire le opere commissionategli).
Sezione IV, sentenza 13 novembre – 22dicembre 2008 n. 47485 – Pres. Brusco; Rel. D’Isa; Pm (conf.) Di Popolo; Ric. Vella.

LEGGE PENALE

Reati culturali – apprezzamento dell’elemento soggettivo – Pretesa rilevanza delle convinzioni culturali, ideologiche e religiose dell’imputato – Esclusione – Fattispecie in tema di reati contro appartenenti al proprio nucleo familiare. (C.p., articoli 5 e 43)
Relativamente ai cosiddetti reati culturali, qualificati dal fatto che la norma penale va applicata nei confronti di cittadini di cultura ed etnia diversa, i quali risultano portatori di tradizioni sociologiche e abitudini antropologiche configgenti con la norma penale, il giudice non può sottrarsi al suo compito di rendere imparziale giustizia applicando le norme vigenti, non potendosi ammettere qualsivoglia soluzione interpretativa che pretenda di escludere la sussistenza dell’elemento soggettivo del reato, invocando le convinzioni religiose e il retaggio culturale dell’imputato, perché tale interpretazione finirebbe con il porsi in contrasto con le norme cardine che informano e stanno alla base dell’ordinamento giuridico italiano e della regolamentazione concreta dei rapporti interpersonali (da questa premessa, la Corte, nel rigettare il ricorso dell’imputato avverso una sentenza di condanna per i reati di maltrattamenti in famiglia, sequestro di persona, violenza sessuale in danno della moglie e violazione degli obblighi di assistenza familiare, ha escluso che potesse ammettersi la rilevanza – per escludere l’elemento soggettivo – alla diversità culturale e religiosa dell’imputato – cittadino marocchino – che, secondo la pretesa difensiva, avrebbe dovuto portare a giustificare il comportamento tenuto in ragione di una pretesa, particolare concezione della famiglia e dei rapporti interfamiliari).
Sezione VI, sentenza 26 novembre – 16 dicembre 2008 n. 46300 – Pres. Oliva; Rel. Lanza; Pm (conf.) De Sandro; Ric, Fahmi

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