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REATI CONTRO L’AMMINISTRAZIONE DELLA GIUSTIZIA

Omessa denuncia di reato da parte del pubblico ufficiale – Ambito di operatività – Rapporti con la disciplina prevista in materia di abusi edilizi - Fattispecie. (C.p., articolo 361; D.pr. 6 giugno 2001 n. 380, articolo 27, comma 4).
Non sussiste alcun rapporto di specialità tra l’articolo 361 del C.p., che è norma penale incriminatrice, e punisce il pubblico ufficiale che omette o ritarda di denunciare all’autorità giudiziaria un reato di cui ha avuto notizia nell’esercizio o a causa delle sue funzioni, e l’articolo 27, comma 4, del D.pr. 6 giugno 2001 n. 380, per la cui violazione non è prevista alcuna sanzione penale, che obbliga gli ufficiali o agenti di polizia giudiziaria a comunicare all’autorità giudiziaria i casi di presunta violazione urbanistico-edilizia, anche quando non rivestono carattere penale: da ciò conseguendo che i responsabili dell’ufficio tecnico comunale sono tenuti a denunciare senza ritardo all’autorità giudiziaria gli abusi edilizi integranti reato apprezzati nell’esercizio delle proprie funzioni, in difetto essendo chiamati a rispondere del reato di cui all’articolo 361 del C.p., senza la possibilità di invocare, quale disposizione speciale, derogatoria dell’obbligo generale, quella di cui all’articolo 27, comma 4, del D.pr. n. 380 del 2001. (La Corte ha così annullato la sentenza di non luogo a procedere per il reato di cui all’articolo 361 del C.p. pronunciata nei confronti di due funzionari dell’ufficio tecnico comunale, cui era stato contestato di non avere riferito all’autorità giudiziaria di abusi edilizi riscontrati nell’esercizio dell’attività di istituto: erroneamente, secondo la Corte, il giudice aveva ravvisato il carattere di norma speciale dell’articolo 27, comma 4, sì da farne discendere la conseguenza che tenuti a riferire all’autorità giudiziaria dovevano ritenersi solo gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria, con esonero dei dirigenti dell’ufficio tecnico).
Sezione VI, sentenza 8 febbraio – 3giugno 2013 n. 23956 – Pres. Di Virginio; Rel. Rotundo; Pm (parz. diff.) Volpe; Ric. Proc. Rep. trib. Pavia in proc. Zoccarato e altro

ESECUZIONE PENALE

Ordinamento penitenziario – Benefici penitenziari – Affidamento in prova del tossicodipendente – Concedibilità – Condizioni – Pericolosità del soggetto – Rilevanza negativa - Fattispecie. (D.pr. 9 ottobre 1990 n. 309, articolo 94)
L’affidamento in prova disciplinato dall’articolo 94 del D.pr. 9 ottobre 1990 n. 309 è concedibile solo se il programma terapeutico è in grado di assicurare la prevenzione dei reati, onde, come si desume dal comma 4 dell’articolo 94, il tribunale di sorveglianza, lungi dall’accertarlo supinamente, deve valutare la pericolosità del condannato, la sua attitudine a intraprendere positivamente un trattamento, al fine di garantire un effettivo reinserimento nel consorzio civile. Pertanto, a fronte di una valutazione di pericolosità del soggetto, il programma terapeutico diviene di per sé inidoneo ad arginare, per sua natura, le attitudini criminose del soggetto, posto che la riuscita del progetto di recupero dipende della collaborazione dell’interessato, negata in radice dalla sua stessa condizione di persona pericolosa. (Nella specie, peraltro, la Corte ha annullato con rinvio la decisione di rigetto dell’istanza di affidamento terapeutico, evidenziando la carenza di motivazione in ordine all’affermata pericolosità dell’interessato, basata presuntivamente sul solo fatto che questi non aveva inteso frequentare, dopo l’uscita dal programma residenziale, per motivi di indisponibilità finanziaria, un programma ambulatoriale).
Sezione I, sentenza 19 marzo – 22 aprile 2012 n. 18342 – Pres. Bardovagni; Rel. Barbarisi; Pm (conf.) ; Ric. Mabrouk

MISURE CAUTELARI

Misure cautelari personali – Ordinanza impositiva della misura – Contenuto – Esigenze cautelari – Rischio di recidiva - Apprezzamento. (C.p.p., articolo 274, comma 1, lettera c).
La pericolosità sociale, rilevante ai fini dell’applicazione delle misure cautelari, deve risultare congiuntamente dalle specifiche modalità del fatto e dalla personalità dell’indagato, desunta da comportamenti o atti concreti o dai suoi precedenti penali. È, pertanto, legittima l’attribuzione alle medesime modalità e circostanza del fatto di una duplice valenza, sia sotto il profilo della valutazione della gravità del fatto, sia sotto il profilo dell’apprezzamento della capacità a delinquere, in quanto la condotta tenuta in occasione del reato costituisce un elemento specifico significativo per valutare la personalità dell’agente.
Sezione IV, sentenza 28 marzo – 22 aprile 2013 n. 18304 – Pres. Bianchi; Rel.Dovere; Pm (conf.) Iacoviello; Ric. Cerreto

REATI CONTRO LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Abuso di ufficio – Dovere di astensione per i pubblici ufficiali e incaricati di pubblico servizio in caso di interesse proprio o di un prossimo congiunto - Configurabilità. (C.p., articolo 323).
La norma che incrimina l’abuso di ufficio, nella parte relativa all’omessa astensione in presenza di un interesse proprio dell’agente o di un prossimo congiunto, ha introdotto nell’ordinamento, in via diretta e generale, un dovere di astensione per i pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio che si trovino in una situazione di conflitto di interessi: pertanto, l’inosservanza di tale dovere comporta l’integrazione del reato anche quando faccia difetto, per il procedimento ove l’agente è chiamato a operare, una specifica disciplina dell’astensione ovvero quando, sussistendo una specifica disciplina, questa riguardi un numero più ridotto di ipotesi o sia priva di carattere cogente.
Sezione VI, sentenza 15 – 27 marzo 2013 n. 14457 – Pres. Agrò; Rel. Aprile; Pm (parz. diff.) D’Angelo; Ric. De Martin Topranin e altri

REATI CONTRO LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Abuso di ufficio – Sindaco e assessore all’urbanistica – Partecipazione alla delibera di adozione del piano regolare generale – Natura generale dell’atto – Configurabilità di un dovere di astensione – Esclusione - Limiti. (C.p., articolo 323).
In tema di abuso di ufficio, il sindaco e l’assessore all’urbanistica non hanno il dovere di astenersi dalla delibera di approvazione del piano regolatore generale, trattandosi di un atto finale di un procedimento complesso in cui vengono valutati, ponderati e composti molteplici interessi, sia individuali che pubblici, sicché il voto espresso dagli amministratori non riguarda la destinazione della singola area o la specifica prescrizione, ma il contenuto generale del provvedimento, cioè l’assetto territoriale nel suo complesso. Tale obbligo di astensione sussiste, invece, se il voto espresso dagli amministratori riguardi la destinazione della singola area o una specifica prescrizione, come, in particolare, nell’ipotesi in cui il voto riguardi una variante al piano regolatore, concernente un’area in relazione alla quale sia riconoscibile un interesse personale, anche indiretto, del pubblico amministratore
Sezione VI, sentenza 15 – 27 marzo 2013 n.14457 – Pres. Agrò; Rel. Aprile; Pm (parz. diff.) D’Angelo; Ric. De Martin Topranin e altri

LEGGE PENALE

Incidente di costituzionalità – Rigetto da parte del giudice – Impugnazione – Esclusione - Rimedi. (Costituzione, articolo 134 e seguenti; Legge costituzionale, 9 febbraio 1948 n. 1; legge 11 marzo 1953 n. 87, articolo 23; C.p.p., articolo 568 e seguenti)
Il provvedimento di rigetto della eccezione di legittimità costituzionale non è soggetto a impugnazione, neanche sotto il profilo del difetto di motivazione, attenendo alla verifica (positiva) di un presupposto processuale (la inesistenza di una pregiudiziale di costituzionalità) di esclusiva competenza del giudice del processo. L’unico rimedio configurabile è semmai quello della riproposizione della questione all’inizio di ogni grado del processo da parte dell’interessato dinanzi al giudice superiore, il quale ne valuterà nuovamente la rilevanza.
Sezione III, sentenza 24 gennaio – 26 marzo 2013 n. 14087 – Pres. Fiale; Rel. Amoresano; Pm (conf.) Gaeta; Ric. Mendola e altro

PROVE PENALI

Valutazione della prova – Chiamata in correità – Rilevanza probatoria – Riscontri esterni - Caratteristiche. (C.p.p., articol192, comma 3 e 4).
In tema di chiamata in correità o in reità, gli «altri elementi di prova» che, a norma dell’articolo 192, comma 3, del C.p.p., confermano l’attendibilità della dichiarazione non devono valere a provare il fatto reato e la responsabilità dell’imputato, perché, in tal caso, la suddetta disposizione sarebbe del tutto pleonastica. La funzione processuale degli «altri elementi di prova» è invece semplicemente quella di confermare l’attendibilità delle dichiarazioni accusatorie, il che significa che tali elementi sono in posizione subordinata e accessoria rispetto alla prova derivante dalla chiamata in correità, avendo essi idoneità probatoria rispetto al thema decidendum non da soli, ma in riferimento alla chiamata. Altrimenti, in presenza di elementi dimostrativi della responsabilità dell’imputato, non entra in gioco la regola dell’articolo 192, comma 3, del C.p.p, ma quella generale in tema di pluralità di prove e di libera valutazione di esse da parte del giudice.
Sezione II, sentenza 30 gennaio – 20 febbraio 2013 n.8125 – Pres. Esposito; Rel. Davigo; Pm (conf.) D’Angelo; Ric. Ragaglia

REATI CONTRO LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Turbata libertà degli incanti – Concussione di reati - Ammissibilità. (C.p., articoli 317 e 353).
I reati di concussione e di turbata libertà degli incanti possono concorrere tra loro, trattandosi di illeciti che hanno una diversa obiettività giuridica, tutelando il primo l’interesse della pubblica amministrazione con riferimento al prestigio, alla correttezza e alla probità dei pubblici funzionari, e il secondo l’interesse alla libera formazione delle offerte nei pubblici incanti e nelle licitazioni private.
Sezione VI, sentenza 11 febbraio – 12 marzo 2013 n.11794 – Pres. Milo; Rel. Aprile; Pm (diff.) Lettieri; Ric. Melfi

REATI CONTRO IL PATRIMONIO

Truffa – Truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche - Fattispecie. (C.p. articolo 640-bis)
Integra il reato di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche (articolo 640-bis del C.p.) la condotta di chi ottenga fraudolentemente l’erogazione della pensione di invalidità e dell’indennità di accompagnamento sulla base di una patologia (nella specie, assortamente importante la cecità assoluta) in realtà insussistente.
Sezione II, sentenza 11 – 20 dicembre 2012 n. 49402 – Pres. Esposito; Rel. Carrelli Palombi di Montrone; Pm (conf.) Scardaccione; Ric. Buonanno

REATI CONTRO LA PERSONA

Lesioni personali – Malattia – Nozione – Fattispecie in tema di intervento estetico. (C.p., articolo 590).
Affinché si configuri uno stato di malattia, rilevante per la configurabilità del reato di lesioni personali, occorre il verificarsi di una perturbazione «funzionale» di tipo dinamico che, dopo un certo tempo, conduca alla guarigione o alla stabilizzazione in una nuova situazione di benessere fisico degradato o alla morte, con la conseguenza che le alterazioni anatomiche alle quali non si associ un’apprezzabile riduzione della funzionalità non possono considerarsi malattia. Da ciò deriva che i meri inestetismi procurati a seguito di un trattamento chirurgico non possono qualificarsi malattia, onde, mentre possono essere certamente causa di responsabilità civile, non integrano gli estremi del reato di lesioni personali colpose. (Da queste premesse, la Corte ha ritenuto corretta la decisione assolutoria che aveva appunto escluso il reato di lesioni personali colpose contestato a un medico chirurgo che aveva sottoposto una paziente a un intervento estetico che, in ragione della malaccorta tecnica operatoria, aveva determinato degli effetti antiestetici, quali un eccesso di tessuti e irregolarità della pelle sull’addome e una antiestetica asimmetria fra i due seni: tratta vasi di una anormalità morfologica che, peraltro, non aveva determinato alcun pregiudizio funzionale e non aveva in ogni caso innestato un processo morboso evolutivo, la Cassazione ha ritenuto ravvisabile il reato, per l’effetto annullando la decisione liberatoria, in relazione ad altri residuati dell’intervento chirurgico, risoltisi in una tumefazione in zona epigastrica e in una grave complicanza emorragica, sul rilievo che tratta vasi di effetti che avevano determinato una importante alterazione funzionale dell’organismo).
Sezione IV, sentenza 16 ottobre – 6 dicembre 2012 n.47265 – Pres. Marzano; Rel. Grasso; Pm (conf.) Baglione

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